Che i bambini siano predisposti a russare si sa. Vie respiratorie più ristrette da un lato, tonsille e adenoidi ingrossate dall’altro fanno sì che fino a sei anni sia fisiologico sentire rumori notturni durante il sonno dei figli. Soprattutto quando sono raffreddati. Ma ci sono altri motivi: genitori fumatori, allergie, disagio socio-economico e umidità. Quando il russamento diventa un problema sul quale intervenire? A spiegarlo è Claudio Vicini, primario del reparto di Otorinolaringoiatra a Forlì, esperto tra le altre cose di disturbi del sonno nei bambini. Sono 300 quelli che opera ogni anno: “Parliamo di apnea quando l’interruzione della respirazione dura almeno 10 secondi. Quando le apnee sono superiori a tre ore di sonno, cominciamo i guai”. Ad attivare il primo campanello di allarme sono in genere i genitori, che poi passano la palla al pediatra di libera scelta. Il quale a sua volta delega il problema ad un centro specializzato, come appunto quello forlivese. “La nostra prassi è fatta di step – precisa Vicini -. Prima di tutto un esame clinico e un esame fibroscopio, che consiste nell’introdurre un tubicino nel nasino. Poi somministriamo dei questionari ai genitori, infine passiamo alla registrazione del sonno”. A consentirla è il pulsiossimetro, che registra quanto cala l’ossigeno nel sangue durante le apnee: “Solo eccezionalmente ricoveriamo il bambino. Il più delle volte l’apparecchio viene dato a casa”.
INTERVENTO COL METODO DELLA “PRUGNA”
Una volta acquisiti tutti i dati, si decide il da farsi: “Le ipotesi sono tre: non fare nulla, trattare il bambino farmacologicamente con lavaggi e cortisonici intranasali. Infine, intervenire chirurgicamente”. E qui Forlì è all’avanguardia: da due anni e mezzo al Morgagni-Pierantoni si utilizza il microdebrider, una tecnica che evita nel post-operatorio sanguinamento, dolore, difficoltà a deglutire. “Facciamo finta che la tonsilla sia una prugna. Prima, con il metodo classico, veniva staccata del tutto e il muscolo della gola veniva così denudato. Adesso, invece, è come se togliessimo il nocciolo e la polpa ma lasciassimo attaccata al muscolo la buccia esterna”. E’ così che vengono operati i piccoli pazienti, che partono sempre da due anni di età e venti chili di peso: “Entrano la mattina e, nel caso di asportazione delle tonsille e delle adenoidi, restano una notte con un genitore. Se asportiamo solo le adenoidi, la sera tornano a casa”. E il recupero non dura più di tre o quattro giorni.
NIENTE PAURA, CI SONO RICO E VERATA
Come preparare i pazienti ad uno degli interventi più praticati ma anche più temuti? Forlì ha pensato ad una pubblicazione, “L’avventura di Rico e Verata”, una vera e propria favola, scritta dall’architetto Alessandro Savelli, autore di numerosi libri per l’infanzia, che narra di due piccoli compagni di giochi che si trovano ad affrontare insieme l’esperienza del ricovero ospedaliero per essere sottoposti ad un intervento di asportazione delle tonsille. Ma non c’è solo questo: “Nel nostro reparto – conclude Vicini – mamme e papà possono andare in sala operatoria con i loro figli”.
In questo articolo ci sono 0 commenti
Commenta