Quindici milioni di euro vincolati per consentire alle Regioni di sviluppare progetti per migliorare le condizioni di vita e di salute delle donne affette da malattie croniche invalidanti tra cui l’endometriosi. E’ una delle grandi novità emerse oggi, in occasione della Giornata Mondiale dell’Endometriosi, celebrata in 53 Capitale tra cui Roma, con incontri scientifici e manifestazioni per sensibilizzare su un problema che coinvolge in Italia tre milioni di donne, 14 in tutta Europa. Il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, ha inviato una lunga nota dove annuncia le novità in arrivo:
“L’endometriosi – ha ricordato il ministro – è causa di circa il 30, ­40% dei casi di infertilità femminile. Purtroppo riconoscerla non è facile e spesso ci si rivolge al medico quando la sintomatologia diviene quasi insostenibile a causa del dolore che questa malattia provoca. Nelle forme più gravi può diventare invalidante sia fisicamente che psicologicamente con gravi ripercussioni sulla qualità della vita di chi ne è colpito”.

“Sono molto vicina alle donne che affrontano ogni giorno questa malattia – ha aggiunto – e con miei uffici abbiamo elaborato nell’ultimo accordo sugli Obiettivi di Piano una linea progettuale, approvata dalla Conferenza Stato Regioni, diretta proprio all’implementazione di percorsi diagnostico­ assistenziali e di supporto per migliorare la vita delle donne affette da malattie croniche invalidanti della sfera uro­genitale, tra le quali anche l’endometriosi. Allo scopo è stata vincolata la somma di 15 milioni di euro per consentire alle Regioni di sviluppare specifici progetti finalizzati al miglioramento delle condizioni di vita e di salute delle donne affette da queste malattie. Occorre infatti una presa in carico globale delle donne affette da endometriosi ed è fondamentale l’integrazione degli interventi per una stessa paziente e il coordinamento fra soggetti, strutture e servizi, secondo la modalità di rete e in un’ottica multidisciplinare, che coinvolga più figure specialistiche”.

“E’ necessario, quindi – aggiunge Lorenzin – costituire una Rete sanitaria ben coordinata che veda da un lato i Centri di eccellenza, dall’altro i Servizi sanitari territoriali. Spetta ai Medici di Medicina Generale o ai Servizi territoriali, cui la donna si rivolge, individuare tempestivamente la patologia, indirizzando così la paziente allo specialista ginecologo per una conferma diagnostica e per la sua successiva gestione, avvalendosi anche dei Centri di Alta Specializzazione. La Rete diagnostico ­terapeutica dovrà accompagnare la donna in tutto il suo percorso in modo costante e continuato”.