“Se a mio figlio di 18 anni viene detto di vergognarsi”: Josefa Idem e il “sangue al cuore”


Quando Josefa Idem è stata nominata Ministro alle Pari Opportunità, il 28 aprile dello scorso anno, il suo secondo libro era in pratica già pronto. Ma quando, dopo nemmeno due mesi, si è dimessa, ha deciso che quel “doloroso capitolo” finale, legato alle accuse di irregolarità negli accatastamenti delle sue proprietà immobiliari, doveva essere il primo. “Partiamo dalla fine. Successi e sconfitte nella vita e nello sport sono solo questione di metodo” (Mondadori) inizia proprio da lì: dal “sangue che mi grondava nel cuore”. La Idem lo racconterà domani alle 19 al Caffè Letterario di Ravenna (via Diaz, 26). A presentarla, il giornalista Matteo Cavezzali. Per uno scherzo del destino, questo evento pubblico arriva all’indomani della divulgazione della notizia – ad opera del quotidiano la Voce di Romagna – della nuova indagine sulla Idem e sul marito Guglielmo Guerrini. L’accusa è  truffa nell’inchiesta sui contributi previdenziali percepiti dal Comune di Ravenna per l’attività di assessore allo Sport ricoperta in passato dall’olimpionica. La quale, tuttavia, è serena e fiduciosa nella giustizia. Il suo primo commento sul nuovo capitolo di questa vicenda è: “Non c’è niente di nuovo, c’è tutto nel mio libro”. Un motivo in più per assistere alla presentazione e per leggerlo, allora.
Josefa, il dolore è superato?
“I lividi stanno iniziando a scomparire adesso. Quando la gogna mediatica mi è piombata addosso, mi sono rialzata subito, come dopo un ruzzolone. Ma poi ho dovuto far cicatrizzare le ferite, che ad ogni cambio di medicazione si riaprivano. Ci sono voluti almeno quattro mesi. Adesso mi rifiuto di farmi condizionare troppo dalla vicenda, anche se non posso dire che non mi scalfisca ancora”.
Che cosa l’ha fatta soffrire di più?
“L’impossibilità di spiegare. Due anni prima che la notizia uscisse sui giornali mi ero accorta che la mia casa e la palestra erano state accatastate in un unico modo, quindi in maniera irregolare. Quando me ne sono resa conto, ho chiesto scusa e ho pagato. Ho sempre agito in buona fede, semplicemente non avevo seguito io direttamente la vicenda. Per il mio errore ho pagato. Il problema è che mi hanno fatto passare per una che ha commesso un crimine capitale, quando invece si trattava di poche migliaia di euro”.
La sua famiglia come l’ha vissuta?
“Le ricadute sui miei figli sono state il dispiacere più grande. Immaginate un ragazzo di 18 anni che va in giro per Marina di Ravenna con gli amici e che viene fermato da persone che gli dicono di vergognarsi. Tutto questo è crudele, abominevole. Senza contare le conseguenze sulle amicizie dei miei figli: si sa, i ragazzi si sparano cattiverie con facilità. Janez ha sofferto molto per una stupidaggine e ancora adesso è vittima di spiacevoli battute”.
Resta anche il rammarico per quello che avrebbe potuto fare in politica e che invece non ha potuto portare avanti?
“Sì, avevo iniziato un lavoro interessante ed intenso, per esempio sul fronte della violenza contro le donne. Avevo incontrato decine di persone, istituito tavoli: il mio intento era fare proposte di legge su problemi veri, non farmi bella con mie invenzioni. Quello di ministro è stato forse il lavoro più bello della mia vita”.
Più della canoista?
“In maniera diversa. Un ministro si confronta tutti i giorni con il mondo, uno sportivo invece sta in disparte per mesi, prima di gareggiare. Certo è che se non avessi fatto politica, non sarebbe mai successo quello che mi è successo”.
Ovvero?
“Basta fare in giro intorno a casa mia per trovare cortili abusivi con l’eternit, casine di legno e costruzioni in latta non regolari. Quando sei visibile, diventano cose delle quali accusarti anche in modo eccessivo e pesante. L’importante, credo, è sapersi rimettere in gioco, saper rimettere mano all’impasto della propria vita”.
Se si guarda indietro, forse si accorge di averlo fatto in più occasioni…
“Anche da sportiva, non mi sono mai fatta condizionare dai cliché. Ho partecipato ai Mondiali incinta di Janek, ho allattato mentre ero in gara, ho vinto una medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Atlanta: erano passati solo 15 mesi dal parto”.
Come è riuscita a conciliare la maternità con tutto il resto?
“Il peso è più psicologico che fisico, si vivono sensi di colpa grandi come case. Janez era sempre con me, me lo portavo al lago, lo allattavo prima e dopo gli allenamenti. Mia suocera mi diceva di non esagerare. E con Jonas, il secondo, che oggi ha 11 anni, ho fatto un’altra scelta: dormiva sempre, mangiava pochissimo e lasciarlo a casa è stato più semplice”.
Sempre con lei, invece, suo marito Guglielmo Guerrini, il suo allenatore. Difficile lavorare insieme?
“Ci sono vantaggi e svantaggi. Noi, oltretutto, siamo entrambi di coccio e le effervescenze non sono mai mancate. Ma con gli anni siamo migliorati”.
Oggi, alla soglia dei 50 anni, che cosa fa?
“Sono in commissione Istruzione, cultura, università, ricerca e scuola al Senato. Leggo, studio, scrivo, tengo conferenze in giro per l’Italia. Per il resto, cerco di stare a casa, con i miei figli”.
Augura loro una vita di sport?
“Dico sempre ai giovani, non solo ai miei figli, di impegnarsi ad essere protagonisti delle proprie scelte, qualsiasi ambito decidano di percorrere”.
E la canoa?
“Zero, l’ho lasciata. Adesso corro e vado in bicicletta”.

In questo articolo ci sono 0 commenti

Commenta

g