“Si, tutti gli altri compagni vanno in gita due giorni… ma comunque c’è qualcuno che copre il ragazzo”. Questa frase se la è sentita dire la mamma di un quattordicenne con autismo, a Prato, quando qualche giorno fa, accompagnando il figlio come ogni mattina, si è trovata davanti il pullman e i compagni di classe del ragazzo che salivano pronti a partire per la gita. Né lei né il figlio ne avevano saputo nulla fino a quel momento. “Che mi fossi persa qualche comunicazione della scuola?”, pensa la madre che chiama al volo l’insegnante di sostegno e si sente dire che “in effetti gli altri vanno in gita due giorni e io sono assente per motivi personali, ma non c’è di cui preoccuparsi, il ragazzo è coperto”.

fermata autobus, scuola“Perché non mi è stato detto niente della gita?”, si chiede oggi la mamma che spiega: “Non mi è stato detto che c’erano problemi a portare il ragazzo in gita e non mi è stato chiesto di valutare se la gita era adatta a lui, cosa che avrei fatto in tutta tranquillità. Se non avessi visto il pullman, non avrei nemmeno saputo la cosa”. Suo figlio infatti ha qualche problema a parlare e non avrebbe saputo raccontare cosa era successo. “Allo stesso tempo è un ragazzo molto abituato a viaggiare – riferisce la mamma – che ha sempre fatto gite ed esperienze anche di più giorni fuori casa senza problemi: non è nemmeno la discriminazione palese che è stata fatta al ragazzo la cosa che mi avvilisce di più, ma il fatto che non sia stato detto niente né a noi né soprattutto a lui!”.

La madre ricorda l’importanza, per i ragazzi con autismo, di dare prevedibilità alle loro giornate, di comunicare in modo semplice e chiaro le variazioni di routine, gli eventi particolari. Invece – commenta con rabbia e amarezza – “qui si fa arrivare in classe un ragazzino autistico che si trova solo, senza i compagni e senza l’insegnante di sostegno, senza dirgli niente! Poi magari ci si stupisce se si innervosisce o se ha comportamenti problematici! O non si è capito nulla dell’autismo e tutto il lavoro fatto non è servito a nulla o lo si voleva in ogni modo escludere dalla gita, infischiandosene delle sue reazioni. Francamente – conclude la mamma – non so quale sia l’ipotesi che mi amareggia di più”.

La storia è stata raccontata dalla mamma su Facebook e – dice – “mi sono arrivate tantissime testimonianze di esperienze simili, o di altre pratiche discriminatorie: ancora una volta devo constatare con grande amarezza che la strada per l’inclusione è ancora lunga e che sull’autismo, malgrado sia una sindrome molto diffusa e in continua crescita e di gran lunga la causa di handicap più comune oggi nelle nostre scuole, l’ignoranza e il pregiudizio sono ancora abissali”.

In seguito alla sua diffusione e alle proteste, la scuola ha dato alla famiglia le scuse ufficiali, insieme ad una spiegazione su quello che la stessa madre definisce un “errore di comunicazione”. Resta comunque “la delusione sulla leggerezza con cui è stato trattata tutta la vicenda”.

Fonte: Redattore sociale