Massimiliano Verga
Massimiliano Verga

“I vecchi sempre tra i piedi chiusi in cucina”. Cantava così, Claudio Baglioni. E Massimiliano Verga, ogni volta che riceve una lettera o un messaggio su Facebook, si accorge di quanto anche chi ha figli disabili, rimanga spesso chiuso nel proprio guscio, incapace di parlare, raccontare, condividere. Massimiliano Verga lo ha fatto tre anni fa con il libro “Zigulì”, una sorta di diario sulla propria vita con un bambino gravemente disabile – Moreno, che oggi ha 11 anni – e altri due, come si direbbe in gergo, normodotati: Jacopo e Cosimo, 12 e 7 anni. In libreria, sempre per Mondadori, è uscito adesso “Un gettone di libertà”, che è la vera storia della paternità di Massimiliano, dal primo figlio in avanti.
Massimiliano, di saggi e trattati sulla disabilità ce ne sono a centinaia. Il suo libro, invece, come si differenzia?
“Il mio libro è un racconto personale, senza l’intento di insegnare nulla a nessuno. Nella vita insegno Sociologia dei diritti fondamentali ma qui parlo da padre. Da padre solo, per l’esattezza, visto che io e la madre dei miei figli siamo separati. Abbiamo l’affido condiviso, per cui a settimane alterne ci occupiamo dei bambini. Nel ‘Gettone’ parlo delle difficoltà d’interazione di un padre alle prese con Moreno e i suoi fratelli. Ma anche di quello che ho ricevuto, come figlio, dai miei genitori e di come lo sto trasmettendo ai miei, di figli”.
Che cos’è quel gettone di libertà del quale parla?
“Senza retorica e con molta consapevolezza devo ammettere che la libertà che avranno Jacopo e Cosimo non potrà mai essere la stessa di Moreno, che anche se riuscirà a conquistare qualche spazio di autonomia, andrà sempre guardato a vista, per tutta la vita. Per me questa non è libertà: non ne faccio una questione di giudizio, è un dato di fatto, anche se crudo”.
Scuole speciali o no: da che parte sta?
“Anche qui, non generalizzo e non giudico. Io sono per le scuole speciali perché sono convinto che siano quelle migliori per Moreno, al di là di ogni ideologia. Quando, per esempio, spiego ai miei studenti l’importanza dei concetti di inclusione e integrazione, sono un prof universitario. Da padre, devo fare riflessioni diverse, a prescindere da ogni appartenenza culturale”.
Del resto, libri come il suo consentono di sdoganare certi temi un po’ taboo: non è così?
“Dalla casa editrice mi dicono che dopo ‘Zigulì’ molto si è mosso: una nuova narrativa della disabilità si è sviluppata in maniera inaspettata, come mai sarebbe successo prima. Questo mi rende felice, anche se il rischio è sempre quello che diventi una moda, o che qualcuno ci voglia mangiare su. Personalmente credo che siano usciti molti buoni libri dopo il mio e vedo che anche nella manualistica, iniziano ad apparire proprio le citazioni tratte da queste storie personali, narrate spesso in prima persona”.
gettoneE dai suoi lettori, che riscontro c’è stato?
“Ho ricevuto centinaia e centinaia di mail e lettere dopo ‘Zigulì’. Alcuni messaggi, addirittura, scritti a mano in un italiano sgrammaticato: questo mi ha fatto capire quanta voglia di raccontare ci sia. Mi hanno scritto neomamme giovanissime, anziane con figli disabili di 60 anni, fratelli, amici. Una lettera, addirittura, mi è arrivata da un paesino della Sicilia che non avevo mai sentito nominare. E mi hanno contattato molte mamme, spesso tacciate come mostri se si permettono di dire certe cose: invece raccontare è la maniera più genuina di tirare avanti. Tutto questo riscontro mi carica di una grossa responsabilità: non sono nessuno, io, per dare una parola di conforto”.
A proposito di responsabilità, come se lo immagina il futuro dei suoi figli?
“Cosimo è stato voluto non certo per farne un nuovo infermiere del domani. La libertà di Cosimo e Jacopo potrà anche essere quella di non occuparsi di Moreno, se non lo vorranno. Non mi sento certo di caricare il mio figlio maggiore e quello minore di un peso così grande. Le cose vanno dette per come sono”.
Che rapporto hanno i suoi tre figli?
“Jacopo si è visto arrivare in casa Moreno e conserva tutti i ricordi dei primi anni. Cosa che non appartiene a Cosimo: per lui è scontato e normale che Moreno sia disabile, come se avesse i capelli biondi. A volte mi chiede perché i suoi amici non hanno fratelli disabili e non capisce quando qualcuno di relaziona a Moreno in maniera impacciata o morbosa”.