bambino solo, violenza, disperazioneLa notizia che Shiloh, la figlia di Angelina Jolie e Brad Pitt, si veste da maschio, ha fatto il giro del mondo. Ma molte famiglie, ben lontano dalla notorietà, hanno bambini con atteggiamenti considerati dalla mentalità comune “femminili” o, viceversa, bambine che preferiscono vestirsi o giocare “da maschio”, come si sente dire. Filippo Sani è un sociologo e lavora come counselor e orientatore al Cpp (Centro psico pedagogico per l’educazione e la gestione dei conflitti) di Piacenza. Poco tempo fa Donna Moderna lo ha contattato per commentare un fatto di bullismo omofobico che ha visto come vittima un ragazzino di 14 anni in una scuola di Perugia.
Un anno fa una mamma, durante un convegno, le ha sottoposto un problema: come comportarsi con il proprio bambino che vuole vestirsi da femmina e andare alla scuola materna così. Lei che cosa consiglia, in casi come questi?
“Prima di esporre un bambino o una bambina che potrebbero essere derisi, presi in giro, se non addirittura discriminati, il primo passo da fare è all’interno della famiglia: i genitori devono prima capire che il figlio va rispettato così com’è, accettato per le inclinazioni che mostra. Solo in un secondo momento, quando il bambino o la bambina sanno di essere protetti nell’ambiente familiare, si possono assecondare quei gusti e quelle preferenze che secondo i canoni non rientrano nell’ortodossia”.
Bisogna andarci piano, dunque. Ma un bambino che gioca a bambole deve destare preoccupazioni particolari?
“No, nemmeno in coloro che temono una sua presunta omosessualità. Quando i bambini hanno pochi anni, non si hanno elementi per dire quale sarà il loro orientamento sessuale in futuro. Spesso, così piccoli, sono affascinati da modelli di vario tipo, imitano gli altri, si ispirano alle situazioni più disparate”.
In ogni caso, oggi c’è una maggiore accettazione, da parte dei genitori, delle eventuali inclinazioni sessuali dei figli?
“Secondo me sì. Fino a trent’anni fa certe cose non erano pensabili. Oggi c’è una tolleranza diversa. Non per tutte, certo: restano rigidità imposte spesso dalla morale cattolica, restano chiusure mentali che poi sfociano in un’opera di colpevolizzazione del figlio o della figlia in questione”.
C’è qualche elemento – religione a parte – che ha portato, a livello culturale, a vedere come “strano” o “strana” un figlio gay o una figlia lesbica?
“Forse il modo caricaturale con cui per molto tempo il mondo omosessuale si è mostrato. I pride, per esempio, non hanno aiutato a far riconoscere l’assoluta eguaglianza delle varie identità sessuali. Eppure, anche il mondo dello spettacolo ha dato prova che si può vivere e raccontare la propria omosessualità fuori dalle tinte e dai toni carnevaleschi. Un esempio? Tiziano Ferro. Ecco, anche la notizia che riguarda la figlia di Brad Pitt e Angelina Jolie dovrebbe farci riflettere sul fatto che certe cose ci riguardano molto più da vicino di quanto pensiamo. In quel caso ha fatto clamore perché è inserita nello star system”.