Giocare all’aperto è importante: gli studi che lo confermano sono sempre di più. A Ravenna, è l’associazione Lucertola Ludens a lavorare da anni sul tema. Ma non basta promuovere feste nelle strade e nei cortili (come la Festa del Diritto al gioco dello scorso 25 maggio): durante la primavera 2014, infatti, Renzo Laporta e i suoi hanno voluto promuovere un’indagine esplorativa chiedendo direttamente ai bambini delle scuola elementari (Garibaldi, Pascoli, Torre, Randi e Tavelli) quali sono i principali ostacoli del gioco in città.
E ne sono emersi davvero tanti. A partire dalla solitudine che molti dei bambini e delle bambine hanno sottolineato: spesso al parco non c’è nessuno con cui giocare, a volte si incontra qualcuno che propone un gioco non gradito. Una bambina ha raccontato che, per tenersi compagnia, si inventava un compagno di giochi immaginario, facendo finta di giocare al “teatro televisivo”: “L’attività consisteva nel guardare un programma di cartoni animati che bene si conosce, e poi di dare voce ai personaggi che si vedono sullo schermo, silenziando la televisione”.
E poi gli impegni sportivi, che costringono spesso a interrompere un gioco all’aperto da poco intrapreso. E l’influenza, che obbliga i bambini a restare in casa anche se la febbre è passata, “per paura della ricaduta”.
Ostacolo principe, il meteo: molti bambini si sentono “bloccati” nelle loro aspirazioni a uscire anche se piove o fa freddo, soprattutto perché a dire no sono le mamme. Ma qualche genitore favorevole c’è, anche se non mancano mai le raccomandazioni: uscire ben vestiti, non finire nel fango. Ostacolo più in sottofondo, anche se immancabile, le richieste promosse dagli adulti – quasi sempre le mamme – a essere aiutati nei lavori domestici: un’attività, però, non troppo impositiva. Quasi sempre i bambini hanno affermato che è facile arrivare a un accordo con i genitori, per esempio sulla durata dell’impegno, da mediare con la voglia di giocare.
Per molti degli “intervistati”, manca un vero spazio di gioco libero sotto casa o oltre. Anche se c’è il parco, i genitori non sempre sono disposti a mandarci i figli da soli: perché non si fidano degli altri, perché il percorso per raggiungerlo è trafficato o pericoloso.
Ma ci sono anche i vestiti nuovi o puliti a impedire di giocare fuori, e i fratelli e le sorelle con le loro esigenze incompatibili con quelle di chi vorrebbe uscire a giocare, senza contare gli impegni degli adulti (il papà che vuole vedere la partita in tv, per esempio) e i “vicini di casa insopportabili”, che si lamentano se i bambini giocano di sotto, a qualsiasi orario.
E la lista continua con la “mancanza di idee” su come impiegare il proprio tempo in cortile, sui pericoli dell’ambiente (poco pulito, poco adeguato), sui compiti che per molti sono l’occupazione di interi pomeriggi, sulle punizioni degli adulti, che spesso usano il gioco all’aperto come merce di scambio: “Se non ti comporti bene non ti mando fuori a giocare”, oppure “prima finisci i compiti poi fuori a giocare”.
In attesa di capire come trasformare i risultati dell’indagine in qualcosa di concreto, una riflessione è d’obbligo: “Giocare all’aperto è tendenzialmente sempre più salutare che farlo al chiuso – commenta Laporta -. Quando non è il buon senso a suggerirlo, lo sono le ricerche medico-scientifiche che ne mettono in evidenza la necessità e i benefici. Nonostante queste ragioni conducano a supportare le opportunità per il gioco praticato a cielo aperto, mai come nel nostro attuale contesto socio-culturale ed urbano, queste necessità e questi desideri sono palesemente ostacolati”.
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