“Siamo condizionati culturalmente. Ma quando metti i bambini e le bambine a confronto sui propri gusti, scopri che non esiste una barriera così rigida come si potrebbe pensare”. Renzo Laporta dell’associazione Lucertola Ludens di Ravenna è uno dei protagonisti del progetto bambino macchinine, autostimache dà anche il nome al convegno in programma sabato 28 marzo dalle 8,45 alla Sala D’Attorre (via Ponte Marino). Il progetto, che ha vinto lo scorso anno un bando della Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna, vede come capofila l’associazione Femminile Maschile Plurale e il coinvolgimento di Psicologia Urbana e Creativa. I destinatari sono stati gli insegnanti della scuola del’infanzia Arcobaleno e delle scuole primarie Garibaldi e Pasini: tutti facenti capo all’istituto comprensivo Montanari.
Giochi da femmina e giochi da maschio, vestiti da femmina e vestiti da maschio: sono retaggi che ci portiamo dietro senza rendercene conto?
“Spesso nell’educazione incide la tradizione: continuiamo a passare concetti, parole e valutazioni attraverso i gesti e il modo di fare senza renderci conto che creano una discriminazione o una svalutazione”.
Un esempio concreto?
“Mi è capitato, durante un’attività in classe, di fare costruire delle macchinine e di farle, poi, valutare ai bambini e alla bambine. Uno stereotipo schiacciante è emerso immediatamente: le auto costruite dai maschi sono utili e funzionali, mi hanno raccontato, e quelle delle femmine piene di fronzoli. Può sembrare una banalità ma nella società ha una traduzione purtroppo grave: le donne guadagnano meno e hanno accesso a posti di lavoro peggiori. Il fatto di considerarle meno rispetto agli uomini nasce quando siamo piccoli. Ecco perché è importante lavorare sull’educazione di genere”.
Nel gioco lo si vede in maniera chiara?
“All’inizio no, siamo assuefatti a certe cose. Ma basta fermarsi un attimo a guardare per notare certi paradossi. Un giorno, alla scuola dell’infanzia, ho assistito a una scena nella quale una bambina giocava a preparare da mangiare in cucina mentre i maschi costruivano una torre. Loro, dopo qualche minuto, avevano già cambiato attività. Lei, invece, per parecchio tempo ha ripetuto lo stesso gioco. Ho fotografato tutto e poi li ho messi a riflettere. Ho chiesto ai maschietti se per caso qualcuno di loro avesse voglia di giocare nella cucina. Ed è emerso che sì, a qualcuno sarebbe piaciuto. Il problema è che non si sentono legittimati a farlo. Magari, semplicemente, perché a casa non vedono il papà che prepara da mangiare o lava i piatti”.
Gli adulti posso fare molto, con i loro comportamenti?
“Certo. Ecco perché abbiamo scelto di concentrarci sulla formazione degli insegnanti, che non avevano una cornice di riferimento per lavorare su questi temi. In classe li abbiamo solo accompagnati”.

Qui sotto uno dei video che verranno proiettati al convegno