Quando la cicogna sbaglia casa: “Tutta la verità sulla mia depressione post-parto”

cicoQuando riceve messaggi e lettere di mamme che stanno passando dalla depressione post-parto, Monia Bergamo si convince sempre più di aver fatto bene a liberarsi dei suoi demoni, a esporre i suoi segreti, a mettersi a nudo con nome e cognome. Prima di pubblicare “La cicogna ha sbagliato casa” (Galassia Arte), uno dei pochi libri-testimonianza su quel “male oscuro” che affligge le neo-mamme, ci ha pensato bene: “All’inizio mi boicottavo, immaginavo che mi avrebbero dato della schizzata, che mi avrebbero giudicata. Poi ho pensato alle altre mamme come me e mi sono convinta: come può far male una cosa scritta a fin di bene?”. Monia vive in provincia di Venezia e ha due figlie di diciotto e cinque anni. La “ladra di maternità”, come il direttore del Dipartimento di Neuroscienze del Fatebenefratelli di Milano Claudio Mencacci ha definito la depressione post-parto, l’ha colpita quando la figlia più piccola aveva circa un mese. E da allora, per Monia, sono stati anni di crisi e tentativi di rialzarsi. Che nel libro descrive con tutti i dettagli del caso. Senza tralasciare nulla.
Ansia, attacchi di panico, senso di inadeguatezza. Che cosa sentono, ancora, le mamme depresse?
“Io non mi sentivo bene da nessuna parte, quando mi svegliavo la mattina pensavo che non ce l’avrei fatta ad affrontare la giornata. Credevo di essere una pessima madre sia per la bambina piccola che per la grande, che stava attraversando l’adolescenza. Avevo pensieri di morte verso di me, per fortuna mai verso la piccola. Certe volte mi chiedevo se l’amassi, dentro non sentivo nulla. Per questo, tra i consigli che do nel libro, dico che è bene abbracciare i bambini anche quando non verrebbe spontaneo farlo”.

Monia Bergamo
Monia Bergamo

La depressione post-parto è un tema tabù. Si ritiene sempre che le madri siano obbligate a essere felici. Quando pesa il giudizio degli altri?
“Moltissimo. Oltre al senso di colpa che si prova dentro di sé, ci sono le frasi infelici e gli sguardi di chi ti sta attorno a peggiorare le cose. I depressi non piacciono a nessuno perché non emanano luce. Quando iniziai ad assumere psicofarmaci, le amiche mi dicevano che mi sarei instupidita. Una volta, guardando la carrozzina, una persona rivolgendosi a mia figlia disse che io non la volevo. Mi sentii anche chiedere se volessi farle del male. Ma qualcuno ti deve dare una mano: mio marito ha avuto un ruolo fondamentale, non mi ha mai detto basta. La crisi c’è stata e la stiamo recuperando ora ma il suo aiuto è stato fondamentale. Così come sono stati utili la psicoterapia e i medicinali: ho capito da sola quando è arrivato il momento di non assumerli più”.
A distanza di tempo, ci si dà delle spiegazioni sui motivi di tutto questo?
“Nel mio caso c’è stato sicuramente il problema di elaborare il lutto per aver perso la mia vita precedente: dopo così tanti anni dalla nascita della mia prima figlia, non accettavo di dover rinunciare alla mia libertà e alla mia autonomia, mi sentivo destabilizzata. Anche la mia infanzia infelice ha avuto di certo un peso. La depressione, in questo senso, è servita a mettere a posto delle cose rimaste in sospeso. Oggi la vedo come un dono”.
Un lavoro da fare con se stesse, dunque: è facile capirlo?
“No, per questo dico sempre di usare il mio libro come una mappa per capire chi può aiutare le mamme e come. Ho preso in mano la mia sofferenza e l’ho messa a disposizione delle altre proprio per questo”.
Scrivere è servito anche come terapia?
“Sì, ho iniziato grazie alla mia psicoterapeuta che un giorno mi suggerì di tenere un diario dell’ansia: scrivere mi svuotava. La dottoressa mi consigliò anche di dare un volto al mio male: io lo immaginai come una donna cattiva, molto appariscente e beffarda, che entrava e usciva dalla mia vita. Per combattere qualcosa che sentiamo come una presenza invadente dentro di noi, è importantissimo raffigurarselo”.
Il tempo aiuta, si dice spesso: è così?
“Aiuta se lo usiamo per lavorare su noi stesse. Da solo non sana nessuna ferita. La depressione è una patologia e come tale va curata. Ci sono forme diverse, questo sì: esiste quella che ti fa fare brutti pensieri e quella che ti inchioda a un letto. Ma è lo stesso una malattia. Mai sottovalutarla”.

Siti utili
www.depressionepostpartum.it
www.helpmammeprimaepoi.it

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