“Pago una retta alta, quello che ho scelto per mia figlia è un servizio multietnico: lo frequentano anche africani, rumeni, cinesi. Sono pronta a fare la guerra se le cose non cambieranno”. Saska Jovanovic è mamma di tre figli. La più piccola, due anni, la settimana scorsa all’ingresso dell’asilo – a Roma – è stata insultata da due bambine più grandi che le gridavano “zingara, zingara” sotto gli occhi dei genitori, rimasti muti davanti a quella scena. Saska, che nella vita è ingegnere e presidente della Onlus Romni, sarà a Ravenna il 19 e 20 marzo per incontrare gli studenti del liceo classico nell’ambito della “XI Settimana di azione contro il razzismo”. Con lei, altre due donne Rom: Concetta Sarachella (stilista) e Danjela Jovanovic (imprenditrice). Ognuna racconterà la propria storia, tra tentativi di integrazione e porte sbarrate.
Saska, era la prima volta che sua figlia subiva un episodio di discriminazione?
“Sì, è scoppiata in lacrime. Per fortuna è ancora abbastanza piccola e non del tutto consapevole. Ma io, da mamma, la devo difendere. Ho parlato con le suore dell’asilo: se non prenderanno delle contromisure, non starò zitta. Di razzismo bisogna iniziare a parlare subito, quando i bambini sono piccolissimi”.
La parola “zingaro” per lei è discriminatoria?
“Dipende da come è usata. Di per sé è una parola neutra, significa ‘non toccabile’. Per questo io la dico con orgoglio. Ma nell’immaginario collettivo, purtroppo, viene associata a persone che fanno furti, rubano bambini e vivono di stenti. Uno stereotipo durissimo da combattere: quando un concetto viene più volte ripetuto e ribadito, soprattutto da parte dei media, si fissa nelle teste. E non va più via”.
Che cosa dirà ai ragazzi del Classico?
“Racconterò della mia vita a Pristina, in Kosovo. E del mio arrivo in Italia, dove per lavorare ho dovuto toccare con mano quello di cui mi avvertiva mio padre quando ero piccola: per dimostrare quanto vali, dovrai fare dieci volte più fatica degli altri. Se non avessi avuto qualche conoscenza, qui non avrei mai avuto un futuro professionale. Basta che dici che sei Rom e le porte si chiudono. Ma sono cose di cui di rado si parla: ecco perché agli studenti chiederò di scrivere le loro domande e curiosità su foglietti di carta anonimi. E risponderò a tutto, non sceglierò solo gli interrogativi che mi interessano”.
Campi nomadi, elemosina, roulotte: che cosa non sappiamo di Rom e Sinti?
“Moltissimo. Nella ex Jugoslavia, per esempio, hanno una casa e i bambini vanno a scuola, perfettamente integrati. Ricordo che alle superiori e all’Università venivo valutata per la mia bravura, non per la mia etnia di appartenenza. Le forme di razzismo esistono ovunque, anche a casa mia. Ma in Italia si pensa ai Rom come gli emarginati, i disgraziati, gli svantaggiati: pronti da attaccare ogni volta che c’è un problema. Una strumentalizzazione, come al solito, da parte della politica”.
Lei ha anche due figli di quindici e undici anni: mai sentito commenti strani a loro proposito?
“Sì, soprattutto perché uno ha la pelle più scura dell’altro. Sai quante domande, quanti sguardi strani. Ma il problema è sempre lì: finché le cose non si conoscano, vengono giudicate con superficialità, senza approfondire. Anche davanti a me, che ho i capelli biondi e mi vesto come un’italiana, alcuni restano sbalorditi”.
Saska parteciperà anche all’incontro “Tessere la rete. Essere Romni: donne Rom ora e qui” in programma venerdì 20 marzo alle ore 15 alla Casa delle Culture di Piazza Medaglie d’Oro 4.
A questo link tutte le iniziative della “Settimana”
In questo articolo ci sono 2 commenti
Commenti:
brava che ci hai fatto conoscere qs romni’.noi abbiamo un giornale che firse conosci Zingari Oggi e ci puacerebbe se tu ampliassi qs intejrvista e la potessimo pubblicare.
Se poi hai voglia di inviarci del materiale sui rom e sinti lo potremo pubblicare.
Ma alla casa della cultura possono partecipare tutti.?
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