L’attrice Cecilia Dazzi e la labiopalatoschisi: “Mio figlio Ulisse? Come essere al bar di Star Wars”

Cecilia DazziL’ecografia morfologica se la ricorderà a vita: ti comunicano una diagnosi certa per un pezzo e misteriosa per l’altro e il mondo ti casca addosso. L’attrice Cecilia Dazzi (“Il Caimano”, “Scusa ma ti chiamo amore”, “Habemus Papam”, “Bianca come il latte, rossa come il sangue”) è legata alla Romagna da un doppio filo: il suo compagno, l’imprenditore vinicolo Lorenzo Tersi, è di Cesena e i suoi gemelli di un anno e mezzo, Ulisse e Odoardo, sono nati al “Bufalini”. Un evento al quale Cecilia è arrivata con moltissime ansie, visto che Ulisse è affetto da labiopalatoschisi, un problema di cui poco si parla (800 i casi ogni anno in Italia) e che ha portato un papà di Faenza, Luciano Albonetti, ad aprire un blog dedicato e ad aiutare le famiglie che, come la sua, sono passate dallo stesso problema (lo abbiamo raccontato qui). Luciano è stato una delle ancore di salvataggio di Cecilia, che si è fatto trovare sotto la torre di Pisa per accompagnarla al Santa Chiara, dove Ulisse viene seguito.
Cecilia, che cosa non era chiaro, per la precisione, alla morfologica?
“Quanto fosse grave il problema di Ulisse, se riguardasse anche la parte posteriore, quella vicina al cervello. Solo dopo capisci che, tra le tante cose brutte che possono capitare a un bambino, la labiopalatoschisi è una delle meno gravi. Ma la paura che oltre al danno estetico ci fosse altro era forte, fortissima. Con il senno di poi, mi sarei potuta risparmiare un bel po’ di sofferenza”.
Quale percorso avete seguito dopo la diagnosi?
“Luciano Albonetti mi ha cambiato la vita quando ero ancora in gravidanza e non riuscivo a consolarmi quando i medici mi dicevano che il cuore di Ulisse funzionava bene, che il suo stomaco era a posto. Minimizzare era difficile. Cercando una strada, andando a caccia di soluzioni, mi sono imbattuta nel sito Infolabiopalatoschisi e mi si è aperto un mondo: tanta obiettività, tanta precisione. Così siamo venuti a conoscenza dei medici che ci avrebbero seguiti, così abbiamo tenuto a bada quella che ci pareva una bomba a mano”.
Con quale stato d’animo è arrivata al parto?
“Più consapevole, senz’altro. Ma finché il bambino non lo vedi, finché non lo visitano, tranquilla non sei. Quando Ulisse è nato ricordo di aver urlato ‘il palato, il palato! Ce l’ha il palato?’. Poi l’ho sentito piangere e mi sono calmata. Ulisse è stato operato al terzo mese per la chiusura del labbro e al sesto mese per quella del palato. Lui è sempre stato un bambino sano, giocherellone, sorridente, che si adatta a tutto e non sta mai fermo: è stato messo davanti a più di una prova di coraggio da subito. E ha reagito benissimo”.
Avete ridimensionato il problema estetico?
“Assolutamente sì. A me piacciono le cose particolari. Con lui, con la sua faccia buffa, mi sembrava di essere al bar di Guerre Stellari. Quando sorrideva, lo faceva per due: si apriva tutto e i suoi occhi intelligenti e vispi spiccavano”.
Oggi come sta?
“Bene. Il percorso sarà ancora lungo, però: dalla parte della schisi non ha i denti e quindi dovremo lavorare a livello odontoiatrico. Ma ci ha salvati la scelta di farlo operare subito: avendo fatto la chiusura prima della lallazione, non avrà bisogno della logopedia. Gli restano, insomma, alcune questioni da risolvere. Per il resto sta benissimo: è forte, aggressivo, non ha paura di niente, ha la faccia da gangster”.
Lei, come madre, si è sentita supportata?
“Del tutto. A Pisa ti fanno sentire a casa tua. Puoi piangere e disperarti che il personale è pronto a consolarti, tirarti su. Odoardo è sempre stato affianco al fratellino durante i ricoveri e le visite: la famiglia viene accolta a 360 gradi. Con i medici hai un contatto diretto, ti messaggi via WhatsApp: non è gente che si dà delle arie, che non ti fa percepire la stanchezza, che va ai congressi nel giorno libero. Sono come monaci, devoti alla causa”.

In questo articolo ci sono 0 commenti

Commenta

g