scuola studentiIn quasi vent’anni di insegnamento, Livia Santini ha visto il mondo cambiare: i programmi, i ragazzi ma soprattutto le mamme e i papà. Quando ha sentito la notizia dei genitori di Modena che hanno scritto ai prof dei loro figli per chiedere clemenza durante gli scrutini, così come quando ha letto dello studente del “Morigia” di Ravenna che si è presentato a scuola con l’avvocato per chiedere spiegazioni sulla bocciatura a sorpresa, non si è stupita più di tanto: “Non voglio entrare nel merito delle due vicende, bisognerebbe conoscerne meglio i dettagli per commentare. Agli onori della cronaca saltano sempre queste notizie eclatanti, mentre restano nell’ombra le tante storie positive che accadono tra banchi e lavagne. Posso dire, però, che i genitori in questi due decenni sono cambiati molto, hanno perso fiducia nella categoria degli insegnanti e pensano spesso di potere sostituirsi a noi”.

A Livia Santini, molto conosciuta nel Ravennate per la sua attività collaterale di poetessa, è capitato spesso che i genitori, “offesi” da bocciature e debiti da recuperare a settembre, si siano presentati da lei per dire la loro: “Anni fa c’era più rispetto verso i docenti, oggi si avverte invece un atteggiamento di forte discredito. Così come tutti pensano di potersi ergere a CT dopo una partita di calcio, allo stesso modo molti sono convinti di poter diventare professori alla fine dell’anno scolastico”. Il punto è che, come è ovvio che sia, le famiglie non sono sempre a conoscenza delle dinamiche interne che si instaurano in una classe. Un esempio? “Le certificazioni Dsa, oggi sempre più frequenti. O i problemi familiari o di salute di alcuni ragazzi. Solo in sede di consiglio di classe si conoscono le storie degli alunni. E certe valutazioni non possono non tenerne conto”.
Livia Santini
Livia Santini

Livia Santini cerca spesso di spiegare ai genitori che i ragazzi e le ragazze vengono valutati come studenti, per il loro operato a scuola, per il loro impegno nello studio: “Quando bocciamo o rimandiamo non è perché ce l’abbiamo con l’alunno ma perché crediamo che nella classe successiva si troverebbe in difficoltà e che è meglio un anno di stop per farlo crescere e maturare, per fargli acquisire quelle competenze e capacità che non è riuscito a raggiungere”. Ma non è sempre semplice farlo capire alle famiglie: “Io credo che ci voglia stima reciproca. Mi capita che alcuni genitori vengano a lamentarsi del voto preso in inglese dal proprio figlio, convinti che la sera prima, quando hanno provato a interrogarlo, fosse preparatissimo. Poi, quando chiedo a quel genitore se sa l’inglese, mi risponde di no”.

La clemenza, secondo la docente, non dev’essere caratteristica della sua categoria: “Noi non dobbiamo essere né clementi, né lassisti. Dobbiamo essere giusti. Quando il genitore interferisce a sproposito, l’unico che ci perde è suo figlio”.