“Un sobrio tubino color crema davanti al sindaco”. Michela Foti, avvocato e mediatrice familiare, conclude con un consiglio ironico quanto circostanziato il libro scritto con la psicoterapeuta e sessuologa Annalisa Amadesi “Finché suocera non vi separi” (Giraldi editore). Ma che cosa c’entrano le classiche ingerenze all’italiane della mamma di lui con l’annoso conflitto tra matrimonio in chiesa e matrimonio in Comune? C’entrano eccome secondo il legale, che traendo spunto da una cena durante la quale un’amica le raccontava come la suocera gliene stesse facendo passare di cotte e di crude, si è messa ad approfondire l’argomento, scoprendo il “caso di Mantova”, dove il matrimonio di una coppia è stato dichiarato nullo dal tribunale ecclesiastico perché il marito soffriva di una dipendenza patologica dalla madre. L’invadenza della suocera – ironia della sorte – non solo ha cancellato il matrimonio, che nei fatti è come se non fosse mai stato celebrato, ma ha fatto perdere alla moglie ogni speranza di ottenere il mantenimento, visto che la sua causa civile per gli alimenti, arrivata fino in Cassazione, è stata bella che respinta. “Una vittoria – scrive Silvana Giacobini nella prefazione – di cui potrebbe esultare proprio (e soltanto) la madre della vittima di mammismo”.
Avvocato, meglio dunque sposarsi civilmente?
“C’è la convinzione che il matrimonio religioso tuteli di più. Ma il caso di Mantova, per quanto estremo, dimostra il contrario. Mettiamo il caso che il matrimonio fosse stato contratto con rito civile: il mammismo del marito si sarebbe potuto trasformare in una causa di addebitabilità della separazione. Qui, invece, tutto il contrario: la dipendenza dell’uomo dalla madre ha depennato il matrimonio. E la moglie è rimasta con un pugno di mosche in mano”.
Quando si è intenzionati a separarsi e ci si è sposati in chiesa, meglio dunque andarci piano con la suocera?
“Se si è deboli economicamente, meglio non tirarla in ballo. Se invece si è indipendenti e si ha il desiderio di risposarsi in chiesa, è una strada che si può tentare. Ovvio, l’ingerenza della suocera va pur sempre dimostrata. Ma vicini, pediatri, amici di famiglia forse non avrebbero troppi problemi a riferire aneddoti che la testimoniano”.
Nel libro c’è un dato poco confortante: nel 30% delle separazioni, la causa è la suocera. Una piaga sociale?
“Un problema reale che vedo non solo nel mio lavoro di avvocato e mediatrice familiare ma che mi riferiscono anche i collegi psicologi. Il vero scatto in negativo arriva quando nascono i figli: in quel momento tutti i nodi vengono al pettine. Se la suocera è di quelle invadenti, inizia a dare il peggio di sé, con la pretesa di dire la sua su allattamento, educazione, svezzamento. Spesso quello che noto è che le suocere non riescono a spogliarsi del loro ruolo di mamme: si mettono in mezzo, vogliono sostituirsi, dire la loro su tutto. Le pedagogiste e le ostetriche che ho consultato per il libro mi hanno confermato questa tendenza”.
Un tema tutto italiano?
“Sì. Quando ho chiesto a una mia amica olandese di raccontarmi come stanno le cose da loro, mi ha guardata storta, chiedendomi quale argomento fosse mai quello della suocera. In una conversazione tra donne italiane, soprattutto se mamme, la suocera bene o male viene sempre fuori”.
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Michela Foti è anche autrice di “Comunicare la separazione ai figli”, scritto con Camilla Targher. L’intervista è qui.
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Commenti:
Attenzione a configurare come “suocera invadente” solo la madre del marito. Io da ex marito e papà separato ho visto andare in frantumi il mio matrimonio grazie soprattutto ad una velenosa suocera che ha imposto tutto, lavando il cervello alla figlia priva di personalità che ha preferito abbandonare il marito al nord per rientrare nella sua Sicilia a partorire nostro figlio, perché mai poteva e voleva separarsi dalla mamma. Io al nord ci sono per lavoro e non per capriccio.
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