Lia Celi, multi-mamma, blogger e giornalista, non ha peli sulla lingua (basta leggere la nostra intervista qui). E anche sul caso di Martina Levato, la 23enne che si è vista togliere il figlio appena nato perché condannata al carcere, non usa mezzi termini. Nel suo articolo sul quotidiano online Lettera 43 scrive che “se la facoltà riproduttiva dipendesse da un perfetto equilibrio mentale, la specie umana si sarebbe estinta da secoli, ed è per questo che siamo qui a parlare della sorte dell’unica cosa incontrovertibilmente bella realizzata da quella coppia di pericolosi scocomerati: un bambino”.
La domanda che si pone la riminese è: i genitori del piccolo Achille saranno in grado di garantirgli amore, protezione e sicurezza? I giudici, per ora, hanno avuto una sola risposta: non saranno in grado. Lia Celi, che ha partorito quattro volte, tira in ballo quel legame animalesco e psicofisico che si crea immediatamente dopo la nascita. E il vero nocciolo della questione, secondo lei, sta in quell’attimo: “Proprio distruggendo all’origine il legame con la madre biologica si rende meno traumatico, se non indolore, l’ingresso del bimbo nella famiglia adottiva. Il giudice non aveva molta scelta, nel sacrosanto interesse del bambino“.
La scrittrice si sente intimamente solidale con Martina Levato quando dice “sono disperata, mi hanno distrutto” ma “a volte per assicurare il benessere di un bimbo la legge è obbligata a infliggere alla madre una pena accessoria, se non una forma di tortura fisica e psicologica, che potrebbe rendere più difficile il recupero. Il dilemma è crudele e, per ora, pare insolubile anche ai giuristi più sensibili”.
Qui l’articolo completo
In questo articolo c'è 1 commento
Commenti:
Poche parole scritte divinamente. L’argomento di già difficile interpretazione, non poteva essere trattato meglio. Sono pienamente daccordo con l’autrice, come madre e come donna. Grazie.
Commenta