“La forma di una famiglia non dà nessuna garanzia. La cornice istituzionale non ci rassicura rispetto a nulla”. Irene Bernardini è una delle più conosciute psicologhe italiane. Sabato 3 ottobre, al Festival di Internazionale di Ferrara, affiancherà Claudio Rossi Marcelli, giornalista e papà omosessuale (noi l’abbiamo intervistato di recente qui) nell’incontro “Lo zoo delle famiglie” in programma alle 14,30 al Cortile del Castello (largo Castello 1). Il titolo nasce dal libro che uscirà giovedì per Vallardi e che raccoglie alcune delle domande e delle risposte della rubrica “Dear Daddy” che Rossi Marcelli tiene ogni settimana propria sulla rivista Internazionale. Nel “Manuale per genitori moderni e molto moderni” (questo il sottotitolo) Bernardini ha scritto la postfazione, mettendo l’accento sul fatto che dietro il tono spiritoso, ironico e provocatorio del giornalista ci siano sempre una densità di sentimenti e una dimensione etica molto forti. Insomma, argomenti seri, anzi serissimi.
Irene, esiste un filo conduttore che unisce i genitori di oggi?
“Io colgo spesso una gran solitudine. Le famiglie sono piccole e disorientate. Nel loro affollarsi di dubbi c’è un lato positivo dato proprio dal fatto che i genitori, più di prima, le domande se le pongono: come si fa a tira su i figli come si deve? Ma c’è anche un aspetto negativo, laddove mamme e papà hanno poca fiducia in sé, credono poco alle soluzioni personali e creative, tendono a delegare e ad affidarsi ogni volta all’esperto di turno”.
Manuali, tate, programmi tv: come la vede?
“Io, poco prima del parto, ricevetti dalle amiche una camicia sexy color cipria: un regalo azzeccatissimo. Vedo genitori che, prima di diventarlo, si sono già dotati di puericultrice. Mi sembra molto diffusa l’idea di non essere all’altezza, di dover acquisire un know-how e una competenza specialistica per crescere dei bambini”.
L’altra faccia della medaglia, invece, qual è?
“I genitori che, in modo anche arrogante e acritico, fanno come viene, assecondando ogni richiesta dei figli, rinunciando ai no. La parola ‘zoo’ esemplifica in modo ironico proprio questa diversità di approcci”.
Che cosa ha più valore, in fin dei conti?
“L’assunzione di responsabilità, la qualità delle relazioni e della cura, l’educazione. Valori che non hanno nulla a che fare con la forma, che si tratti di una mamma single o di una famiglia allargata. Il fatto che la rubrica di Internazionale sia stata affidata a un papà omosessuale trovo sia un’operazione geniale. Al di là degli appelli e dei proclami, quando le persone in carne e ossa si misurano e si confrontano, scoprono che i problemi e gli affanni sono gli stessi. E le barriere precipitano”.
Famiglia, dunque, o famiglie?
“Al plurale, sempre. E tra le tante possibilità dobbiamo inserire, come anche Claudio fa, chi i figli non li vuole. O chi decide di metterli al mondo senza ricalcare i modelli più consueti. Siamo stanchi pure di questo mito della maternità come unica forma di realizzazione di sé. Un retaggio stanco e misogeno”.
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