Giulia (a sinistra) e Gloria
Giulia (a sinistra) e Gloria

A volte dice che è la zia, altre che è la fidanzata della mamma. Per la figlia di Gloria Baietti, che insieme alla compagna Giulia Fabbroni ha aperto nel gennaio scorso il Beat Cafè di Ravenna (via Nigrisoli 5) non è sempre automatico dire la verità: dipende dal contesto e da quanto si sente libera. A sette anni, del resto, si può avere l’esatta percezione del fatto che il mondo ti stia, in quel momento, accettando oppure no.

Gloria e Giulia sono una coppia da oltre due anni. Vivono nella stessa casa con la bimba di Gloria e un gatto. Per venerdì 25 settembre hanno organizzato nel loro locale un “Aperitivo Rainbow” (ore 19) che non servirà certo a loro per fare coming out (il mondo già sa) ma per invitare persone omosessuali ed eterosessuali a parlarsi, presentarsi, mettere sul piatto problemi, difficoltà ma anche gioie: un momento di aggregazione e scambio di idee al quale parteciperà anche il neonato gruppo “Over the Rainbow Lugo”.

Il sogno di Gloria e Giulia, in realtà, è molto più grande: riuscire a organizzare anche a Ravenna l’appuntamento annuale con il Gay Pride. Intanto, nel loro piccolo, le due ragazze (30 e 26 anni) sono a tutti gli effetti una famiglia omogenitoriale. Con le bollette che scadono e la cena da preparare. Proprio come avviene a casa di tutti: “La mia bambina – racconta Gloria – è nata da una precedente relazione eterosessuale. Per qualche anno, dopo la separazione dal mio ex compagno, sono rimasta sola. Non trovavo un uomo. Finché ho incontrato Giulia e me ne sono innamorata. Che importa se prima non avevo avuto relazioni omosessuali. Per me, in quel momento, l’amore era lei. E lo è tutt’ora. Il fatto che non possiamo formalizzare la nostra unione qui in Italia non significa che non ci amiamo e che la nostra non sia una famiglia”.

L’ingresso di Giulia in casa è stato graduale, soprattutto per permettere alla figlia di Gloria di abituarsi all’idea: “All’inizio – continua la mamma – avevo presentato Giulia alla mia bambina come un’amica. Piano piano, però, la realtà delle cose è venuta a galla. E le abbiamo dovuto spiegare in maniera più articolata che due donne si possono amare, che io ero felice a stare con Giulia. Un passaggio non immediato, lo ammetto: anche i bambini hanno dei condizionamenti esterni, sentono parlare solo delle famiglie composte da mamma e papà. Ma poco a poco mia figlia ha capito e ha accettato Giulia a tutti gli effetti”.

Anche per Giulia l’ingresso in casa di Gloria ha richiesto impegno: “La bimba non era più una neonata, si rendeva benissimo conto che io sarei stata lì per farle, a mia volta, da mamma. La sfida più grande, per me, è stata entrare in sintonia con il tipo di educazione che Gloria le stava dando, farla mia, avvicinarmi piano piano senza turbare gli equilibri. C’è voluto tempo ma ci sono riuscita. Adesso passiamo il tempo insieme, la porto a scuola e la vado a riprendere”.

Più complesso, senza dubbio, è stato il momento in cui le due ragazze hanno dovuto raccontare tutto alle rispettive famiglie. “Per me – spiega Giulia – è stato relativamente facile. Venivo da due precedenti relazioni omosessuali. I miei genitori e mia sorella, pur non sapendo in modo esplicito che sono lesbica, avevano già capito tutto. Quando mi sono rivelata, hanno avvertito un senso di liberazione. E la serenità che è subentrata ha fatto bene a tutti”. Non è stato e non è ancora così, invece, per Gloria: “Abbiamo fatto incontrare le nostre famiglie a un pranzo. Ma sembrava più una scampagnata che una vera legittimazione di noi come coppia. Mia mamma, per molto tempo dopo il coming out, ha tentato di propormi degli uomini, come se potesse farmi cambiare idea. Le ho detto che mi farebbe piacere averla con noi, venerdì prossimo. Ma lei ha risposto che è vecchia per queste cose. Io, al contrario, sono convinta che per difendere la felicità di un figlio, nessuno è mai troppo vecchio“.