Comunicare quando non si può: “Mio figlio? Un film muto. Ecco come lo aiuto”

Simboli della Comunicazione aumentativa e alternativa
Simboli della Comunicazione aumentativa e alternativa

Domenico ci prova in tutti i modi: gesticola, si muove con tutto il corpo, emette versi. Perché la sindrome di Cornelia de Lange da cui è affetto (una malattia rara che Romagna Mamma ha raccontato di recente) non gli impedisce di aver voglia di comunicare. Sua madre, Daniela Casotti Minardi, sarà domani alle 16 alla biblioteca di Faenza per l’incontro “La biblioteca è per tutti” inserito all’interno del festival “Fare leggere tutti”. Dove porterà la propria testimonianza di mamma impegnata a facilitare il bisogno di esprimersi e raccontare di suo figlio, che in marzo compirà cinque anni.
Daniela, presto gli operatori delle biblioteche del territorio faentino verranno formati a metodologie nuove, come la Comunicazione aumentativa e alternativa. Un bel passo per le famiglie come la sua?
“Senz’altro. Finora abbiamo un po’ sofferto il fatto di vivere lontano dai pochi centri che già lavorano in questo senso. Penso a Bologna ma anche alla stessa Ravenna, dove il Cerchio ha aperto la biblioteca Reciprocamente. Noi viviamo a Riolo Terme, non è sempre facile spostarsi”.
Molti genitori, quando vivono una problematica rara, si arrangiano: è successo anche a voi?
“Bisogna cercare, guardarsi intorno. Noi abbiamo fatto riferimento al Policlinico di Milano, che usa da tempo la Comunicazione aumentativa e alternativa: attraverso simboli e immagini si riesce sia a tradurre l’evolversi di una storia che a organizzare la giornata di un bambino che non riesce a verbalizzare, come mio figlio. Io e mio marito abbiamo acquistato un software che abbiamo poi passato anche alle maestre di Domenico: consente a lui di raccontare a noi quello che è successo a scuola e a noi di tenere la storia di quello che abbiamo fatto nel fine settimana affinché lui lo riporti quando è alla materna. Anche a casa è un metodo che usiamo di continuo”.
Ci fa un esempio pratico?
“Quando finiamo di mangiare e sparecchiamo, Domenico usa il simbolo dei piatti. Ogni cosa che fa o che vede, lui l’associa a un’immagine precisa che mette o toglie: è il suo modo di parlare. Ogni figura equivale a un concetto, a una parola”.

Foto d'archivio
Foto d’archivio

Che cosa si rischia, se si evita di attingere a queste strategie che facilitano la comunicazione?
“Si rischia che la frustrazione che mio figlio prova quando non riesce a spiegarsi diventi così grande che lui rinunci del tutto a comunicare. Noi vogliamo invertire la tendenza, rafforzando il suo bisogno di esprimersi e la possibilità di farlo. Domenico è un bimbo attivo, vispo, che cerca sempre il contatto con gli altri. Ha talmente voglia di parlare che ce la mette tutta: a volte lo guardi e ti sembra un film muto, una macchietta”.
Domenico è interessato anche ai libri come attività di puro gioco?
“Sta cominciando adesso, anche se l’attenzione vola via quasi subito. Magari regge per due o tre pagine. Se sono di più, molla. Però abbiamo notato che se il libro è realizzato con la CAA, il tempo del suo interesse si allunga. Ed è bello anche notare come simboli e immagini si adattino anche ai bambini senza alcun ritardo cognitivo. Lo abbiamo sperimentato l’estate scorsa, quando Cecilia, la nostra figlia più grande, che stava per iniziare le elementari, si divertiva molto a leggere a Domenico delle storie fatte così. Ogni pezzo è un pro-memoria: mentre con il dito scorri la stringa di immagini, Domenico memorizza, impara. Un aiuto fondamentale”.

 

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