Solo durante lo scorso anno scolastico, sono stati registrati in provincia di Ravenna 1.316 nuovi casi di Dsa (disturbi specifici dell’apprendimento), con un incremento dell’85,6% rispetto al biennio precedente. Quella che il ministero dell’Istruzione chiama “emergenza didattica”, solo sul territorio ravennate si traduce in un dato semplice quanto allarmante: il 2,8% della popolazione scolastica rientra nella categoria dei dislessici, disgrafici e disortografici. La media regionale si attesta intorno al 3,2%.
Oltre ai contraccolpi sulla scuola e sulle famiglie (una mamma insegnante, Ilaria Cerioli, ce li aveva raccontati qui), il problema della dislessia sta avendo un impatto devastante anche sulla sanità pubblica. Lo conferma Valeria Savoia, responsabile della Neuropsichiatria infantile dell’Ausl di Ravenna, che non nasconde la preoccupazione: “Di solito succede che siano gli insegnanti a segnalarci gli alunni ‘sospetti’ e a inviarceli per la valutazione. Ma la diagnosi, prima della terza elementare, è pressoché impossibile. E gli invii precoci non fanno che appesantire il lavoro dei nostri ambulatori”. Secondo Savoia la “caccia alla diagnosi” prima del tempo non fa che esasperare le famiglie, con effetti deleteri anche sui bambini. Ma c’è anche il discorso opposto, quello delle diagnosi tardive: “Arrivano ragazzi delle scuole medie e superiori che sembrano non essersi mai accorti di avere un problema. E lì, davvero, ci vengono dei dubbi: di chi è la colpa?”.
Nei primi nove mesi del 2015, all’ambulatorio di via Fiume Abbandonato sono arrivate da tutta la provincia 500 richieste di valutazione: “In nove casi su dieci, arriviamo alla certificazione. Numeri troppo alti e impossibili da gestire, se non fosse per il privato e le associazioni”. E dopo la certificazione, si apre il grande vuoto: “Non si guarisce dalla dislessia, non c’è terapia. Una volta che abbiamo fatto la diagnosi, non prendiamo in carico i Dsa ma li rivediamo solo a ogni cambio di ordine scolastico per la rivalutazione”. E qui deve intervenire la scuola: con strumenti ad hoc e insegnanti preparati: “Le difficoltà sono soprattutto nella scuola media: lì, la vita dei Dsa non è certo semplice”.
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