L’idea di un “gruppo di parola” per mamme in attesa nasce dal lavoro di osservazione psicologica di tanti anni. L’obiettivo è quello di creare una culla mentale, la rappresentazione sana della coppia che crea lo spazio psicologico per incontrare il piccolo che si presenta.
Nella donna in gravidanza si attiva un movimento regressivo, empaticamente si prepara ad accogliere i bisogni del bambino. Questo movimento è anche narcisistico, la donna incinta viene riconosciuta e celebrata a livello familiare e sociale. La gravidanza con la sua strutturazione ha un inizio una continuazione e una fine, è circoscritta e dà modo di elaborare per un tempo contenuto anche le ansie e le preoccupazioni dettate dall’insieme degli investimenti, dei progetti, delle fantasie, ma anche dei bisogni, delle aspettative più o meno deluse e colluse nella madre e nel padre che si riverseranno sul primo legame con il bambino.
Per diventare genitori occorre quindi “pre-occuparsi”, occuparsi prima e creare uno spazio di incontro. La madre deve diventare per il suo bambino: madre-ambiente favorevole. Il bambino generato fisicamente delude, rispetto alle fantasie del bambino immaginato che crollano di fronte all’incontro con il bambino reale, un bambino atteso sul quale si sono innescati progetti, desideri, fantasie. Ci sono inoltre colpe, rabbie, esperienze traumatiche e nel lavoro di gruppo viene concesso di sgrovigliare il gomitolo della storia passata affinché i fili non tessano la trama della tela che si sta imbastendo per il futuro.
Che ruolo ha il bambino in quella famiglia? Quali proiezioni deve sostenere, che cosa rappresentano le proiezioni genitoriali? Il lavoro terapeutico cerca di dare queste risposte comprendendo i bisogni e le proiezioni dei genitori affinché questi si riapproprino delle loro rappresentazioni interne. C’è una storia personale, con limitazioni e conflitti. “Il campo della madre va bonificato dall’accumulo di fantasmi transgenerazionali e va protetto da perturbazioni pervasive”, dice la psicanalista infantile Selma Fraiberg.
L’interazione all’interno di un “gruppo di parola” crea stimoli e spunti per il dialogo e per l’identificazione: l’aspetto affettivo conseguente alla consapevolezza degli altri aiuta a comprendere psicologicamente se stessi. Emozioni condivise al centro di un cerchio, sensazioni e sentimenti danno vita ad una circolarità di pensiero che avvolge e coinvolge i presenti. La donna deve arrivare a riconoscere e a sostenere la somiglianza e contemporaneamente la differenza, la continuità e discontinuità tra la propria storia e quella dei figli. “Se qualcuno è disposto ad ascoltare le lacrime della madre, quello sarà anche il momento in cui la madre sarà in grado di ascoltare il pianto del suo bambino”, dice sempre Selma Fraiberg.
Accogliere le fantasie delle gestanti e lavorarci sopra: cosa immaginano, cosa vivono, cosa temono. Nel lavoro del gruppo terapeutico con la gestante il terapeuta incontrerà un’altra figlia, ossia la parte bambina intima di ogni partecipante, le reminiscenze delle sue esperienze precoci e tutta la gamma di emozioni primitive inconsce. Senza giudizio e senza interventismo creando un’area intermedia “campo di lavoro” per il cambiamento.
BIBLIOGRAFIA
Crocetti G. Legami imperfetti – Armando Editore Roma(1997)
Fraiberg S. Il sostegno allo sviluppo. Cortina Milano (1999)
Algini M. (a cura di) Sulla storia della psicoanalisi infantile in Italia. Quaderni di psicoterapia infantile N° 55. Borla Roma.
Melissa Ciacci
Corso D’Augusto 137
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Cellulare 347 7785841
e-mail: ciacci.mm@libero.it
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