Rischia di cambiare classe, quindi compagni e insegnanti, perché i genitori non si possono permettere la mensa scolastica. Il caso, raccontata da La Gazzetta di Modena, riguarda una bambina di otto anni di Sant’Antonino (Reggio Emilia).
I genitori, che hanno altri tre figli, hanno chiesto all’Istituto comprensivo di Casalgrande di cui le elementari frequentate dalla figlia fanno parte di poter ritirare la bambina all’ora di pranzo e di riportarla per l’inizio delle lezioni pomeridiane. Così da risparmiare i 120 euro mensili a cui ammonta la rata per la mensa.
Ma a scuola la mamma, disoccupata, si è sentita rispondere “che non si può fare, perché la mensa rientra nell’attività didattica”. L’alternativa è iscriverla in un’altra classe, al tempo corto. Cosa confermata da Fiorella Magnani, la preside: “Nel nostro modello di tempo pieno, la mensa rientra nel tempo scuola. Chi accetta il tempo lungo sa che è compresa la mensa”.
Eppure, poco tempo fa, è stato riconosciuto il “diritto al panino”. Che possa essere una soluzione per questo caso?
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