Mirko, Danilo, il judo: due ravennati alle prime olimpiadi per ragazzi Down

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Danilo Brunetto

Si chiamano Mirko Brighi e Danilo Brunetto, hanno 27 e 24 anni e, oltre a vivere entrambi in provincia di Ravenna (il primo a Castiglione, il secondo a Mezzano), hanno in comune il fatto di essere due ragazzi con la sindrome di Down. Cosa che, però, non li ha allontanati dallo sport, anzi.

I due, compagni del corso di judo agonistico al Centro sport terapia judo Ravenna, parteciperanno ai Trisome Games di Firenze, le prime “olimpiadi” per ragazzi Down in programma dal 16 luglio. Una delegazione della quale faranno parte anche l’allenatrice Paola Baroncelli in qualità di tecnico e arbitro della manifestazione e Tiziana Berti, presidente della società e consigliere federale  F.I.S.D.I.R. (Federazione Italiana sport disabilità intellettiva relazionale).

La convocazione ha emozionato moltissimo i due ragazzi, che con il judo hanno iniziato parecchi anni fa, tentando anche l’esperienza nel gruppo dei normodotati: “Un inserimento andato a buon fine – spiega Tiziana Berti – che però, sul fronte agonistico, li portava a impegnarsi meno, a rallentare. Motivo per cui, poi, hanno deciso di continuare nel corso di agonistica riservato ai disabili, insieme ad altri due ragazzi”.

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Mirko Brighi

Per Berti, la chiamata da Firenze è motivo di soddisfazione anche per la scarsa attenzione che il judo riceve, non solo quando c’è di mezzo la disabilità: “I genitori hanno sempre paura che i figli si facciano male e sono inquinati da un’idea del judo tratta dai film, dove spesso vedono scene, in realtà, di karate o altre discipline cinesi. Per le persone con disabilità, poi, il judo ha un’importanza incredibile: favorisce il contatto, spinge a ragionare su come fare cadere l’avversario, porta a rispettare le regole”.

A Firenze Mirko e Danilo, già “gasatissimi” all’idea di rappresentare l’Italia, faranno secondo Berti un’esperienza indimenticabile: “Ci saranno quaranta nazioni ma l’obiettivo è solo quello di vivere un momento che non avrebbero mai potuto vivere rimanendo a Ravenna. Servirà a loro anche per sviluppare maggiore autonomia: dovranno dormire in hotel, comportarsi bene, farsi rispettare come atleti a tutti gli effetti“.

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