Esito negativo: Ravenna non è una città all’altezza dei bisogni e dei desideri delle donne disabili o delle mamme di figli disabili. A dirlo è Piera Nobili, referente del progetto che, insieme all’associazione Liberedonne, ha portato avanti nei mesi scorsi intervistando una trentina di donne che hanno detto la loro sia attraverso le interviste collettive che attraverso quelle narrative individuali.
Di quali problemi soffrono, le partecipanti?
“Il panorama è piuttosto variegato. Ci sono donne che hanno acquisito una disabilità fisica in seguito a incidenti o patologie, come la sclerosi multipla; donne non vedenti dalla nascita o in seguito a glaucomi; donne che hanno avuto un ictus. E poi alcune mamme: di figli con autismo, con la sindrome di Down, con ritardo mentale”.
Che cosa volevate capire, esattamente, con loro?
“Capire come vivono la città, partendo da due considerazioni: che sono donne e che sono disabili. Al pari delle altre, sono quelle con il peso maggiore sulle spalle a livello di cura della famiglia, dei figli, magari dei genitori. Attività che si incastrano spesso con la loro attività lavorativa. Essendo donne, poi, sono abituate a conciliare mille cose, zigzagando per la città verso mete predefinite, spesso utilizzando mezzi diversi nel corso della stessa giornata”.
Una prospettiva nuova?
“Il femminismo l’ha affrontata solo parzialmente, magari su piccole questioni. Noi l’abbiamo voluta sviscerare meglio, focalizzandoci sui temi della sicurezza e della mobilità, spesso intrecciati tra loro”.
In che maniera?
“La sicurezza, per una donna disabile, può voler dire molte cose: che in un luogo della città non si sente al sicuro in quanto donna oppure che su un acciottolato fatica a spostarsi e rischia di cadere. Ci sono diverse variabili: quando deve muoversi incontra servizi all’altezza o persone disponibili ad aiutarla? Se usa la propria macchina trova libero il parcheggio per i disabili? I suoi desideri rispetto alla città incontrano una risposta positiva?”.
Che cosa è emerso, nello specifico?
“Abbiamo avuto decine di segnalazioni su aspetti che riguardano specifici luoghi di Ravenna. Ma a parte questo, l’indicazione è che Ravenna non è ancora pronta ad accogliere le necessità delle donne disabili o con figli disabili. E l’input ci è arrivato da donne con grande cognizione di causa: donne abituate a muoversi molto, donne che nonostante i problemi non hanno gettato le armi – a parte un paio di casi – e hanno voglia di esserci e di fare. Donne, oltretutto, che avendo visto come vanno le cose in altre parti del mondo, hanno bene in mente i termini di paragone”.
Che ne farete, del materiale raccolto?
“Dopo l’incontro di sabato scorso e quello di sabato prossimo nella sede di CittA@ttiva, in dicembre il report finale verrà consegnato all’Amministrazione comunale, che saprà così quali sono le priorità sulle quali mettersi a lavorare”.
Di quali problemi soffrono, le partecipanti?
“Il panorama è piuttosto variegato. Ci sono donne che hanno acquisito una disabilità fisica in seguito a incidenti o patologie, come la sclerosi multipla; donne non vedenti dalla nascita o in seguito a glaucomi; donne che hanno avuto un ictus. E poi alcune mamme: di figli con autismo, con la sindrome di Down, con ritardo mentale”.
Che cosa volevate capire, esattamente, con loro?
“Capire come vivono la città, partendo da due considerazioni: che sono donne e che sono disabili. Al pari delle altre, sono quelle con il peso maggiore sulle spalle a livello di cura della famiglia, dei figli, magari dei genitori. Attività che si incastrano spesso con la loro attività lavorativa. Essendo donne, poi, sono abituate a conciliare mille cose, zigzagando per la città verso mete predefinite, spesso utilizzando mezzi diversi nel corso della stessa giornata”.
Una prospettiva nuova?
“Il femminismo l’ha affrontata solo parzialmente, magari su piccole questioni. Noi l’abbiamo voluta sviscerare meglio, focalizzandoci sui temi della sicurezza e della mobilità, spesso intrecciati tra loro”.
In che maniera?
“La sicurezza, per una donna disabile, può voler dire molte cose: che in un luogo della città non si sente al sicuro in quanto donna oppure che su un acciottolato fatica a spostarsi e rischia di cadere. Ci sono diverse variabili: quando deve muoversi incontra servizi all’altezza o persone disponibili ad aiutarla? Se usa la propria macchina trova libero il parcheggio per i disabili? I suoi desideri rispetto alla città incontrano una risposta positiva?”.
Che cosa è emerso, nello specifico?
“Abbiamo avuto decine di segnalazioni su aspetti che riguardano specifici luoghi di Ravenna. Ma a parte questo, l’indicazione è che Ravenna non è ancora pronta ad accogliere le necessità delle donne disabili o con figli disabili. E l’input ci è arrivato da donne con grande cognizione di causa: donne abituate a muoversi molto, donne che nonostante i problemi non hanno gettato le armi – a parte un paio di casi – e hanno voglia di esserci e di fare. Donne, oltretutto, che avendo visto come vanno le cose in altre parti del mondo, hanno bene in mente i termini di paragone”.
Che ne farete, del materiale raccolto?
“Dopo l’incontro di sabato scorso e quello di sabato prossimo nella sede di CittA@ttiva, in dicembre il report finale verrà consegnato all’Amministrazione comunale, che saprà così quali sono le priorità sulle quali mettersi a lavorare”.
L’incontro di sabato 19 novembre è in programma alle 10 in via Carducci 14 a Ravenna.
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