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Raffaella con il marito Tomas e i figli Cristian e Mattia

“Siamo in ballo, balliamo. E poi le mamme, alla fine, ce la fanno”. Raffaella Bedetti è la madre di Cristian, nove anni, affetto da una malattia neuromuscolare degenerativa rara, la Sma (atrofia muscolare spinale), diagnosticatagli quando aveva poco più di un anno. Raffaella, che vive a Santarcangelo di Romagna, è anche colei che insieme a Claudia Protti ha dato al vita al progetto “Parchi per tutti”, che mira a sensibilizzare amministrazioni e cittadini all’idea che le aree gioco siano accessibili a tutti, senza barriere. E che, sull’omonimo blog, mappa i parchi che in Italia si sono attrezzati in questo senso, contro le barriere.

“Nella sfortuna, siamo fortunati. Sarebbe potuta andare molto peggio”, racconta. Cristian ha infatti una Sma di tipo 3, dunque lieve, che gli consente di fare qualche passo in autonomia, pur non riuscendo né a correre né a rialzarsi da solo se cade: “Gli racconto sempre che come io ho gli occhi deboli, visto che senza occhiali vedo poco, lui ha i muscoli deboli”. Non a caso, se il bambino riesce senza problemi a scrivere, “fare un dettato di due pagine o prendere in mano un libro senza aiuti per lui è impossibile”. D’altro canto, come tutti i malati di Sma, a livello cognitivo e verbale Cristian è esattamente al pari degli altri: “Il sostegno, a scuola, gli serve solo per i movimenti e gli spostamenti. Per il resto, si muove sulla carrozzina manuale che abbiamo introdotto tre anni fa o, per i tragitti più lunghi, su quella elettrica”.

Non sono così lontani i tempi in cui, a Milano, nel mezzo di un corridoio d’ospedale a Raffaella venne comunicata la verità: “Ero da sola, con mio figlio in braccio. Fu un momento terribile. Ti dicono che tuo figlio non camminerà mai, che peggiorerà nel tempo. E te lo dicono senza troppo tatto, lasciandoti lì a elaborare la notizia”. Era stata la nonna materna di Cristian a mettere la pulce nell’orecchio alla figlia: “Avevamo già notato un leggero tremore delle manine, soprattutto al risveglio. Oltre al fatto che, pur avendo gattonato e mettendosi in piedi, mio figlio aveva sempre comunque bisogno di un sostegno per camminare”. Ma all’inizio, Raffaella e la sua famiglia se ne sono sentite dire di tutti i colori: “Ci siamo prese della mamma ansiosa e della nonna isterica. Secondo la pediatra e la neuropsichiatra andava tutto bene. La fortuna ha voluto che, siccome Cristian metteva male un piedino, ci hanno mandato dalla fisiatra, che ha capito la situazione appena siamo entrati nell’ambulatorio”.

Da allora, la vita di Raffaella e del marito Tomas è cambiata molto: “Ho rinunciato alle mie ambizioni professionali, accettando di passare part-time nell’ufficio in cui già lavoravo e non occupandomi più di commerciale, come amavo fare. Cristian ha una tabella di marcia fitta tra piscina, fisioterapia e visite, anche fuori regione. La mia grande forza è mia madre, che a 76 anni ci mette in scacco tutti. Senza di lei, non avrei mai pensato a un secondo figlio“.

Cristian, di Santarcangelo: la Sma gli è stata diagnosticata a poco più di un anno di età
Cristian, di Santarcangelo: la Sma gli è stata diagnosticata a poco più di un anno di età

Mattia, quattro anni, aveva due possibilità su quattro di avere la Sma: “Dagli accertamenti fatti dopo la diagnosi a Cristian, è emerso che sia io che mio marito siamo portatori sani della malattia. Quando abbiamo deciso di fare un altro figlio, ci siamo messi la mano sul cuore: per fortuna, dalla villocentesi specifica, è emerso che era tutto a posto”. E oggi anche Mattia, che vive la Sma come la normalità, vorrebbe la carrozzina come Cristian: “Si arrabbia spesso con noi perché non gliela compriamo. E appena il fratello scende, sale lui”.

Fuori casa il discorso è ben diverso: “Un bambino in carrozzina è considerato un bambino che non capisce, uno scemo. Spesso le persone si girano dall’altra parte oppure rivolgono parole e sguardi solo a me, non a mio figlio. Per non parlare delle volte in cui, quando Cristian aveva cinque o sei anni, criticavano il fatto che lo portassi nel passeggino. La cultura della disabilità ha ancori molti passi da compiere”. L’appoggio, la famiglia di Raffaella, lo trova nelle associazioni: a livello nazionale Famiglie Sma e livello locale (visto che una sede è a Rimini), la Uildm, nata inizialmente per i malati di distrofia muscolare, dove Raffaella è volontaria: “Condividere l’esperienza con persone che vivono il tuo stesso problema fa bene. In ogni caso, abbiamo sempre cercato di far fare a Cristian, nel limite del possibile, tutto quello che si può, senza ghettizzarlo e isolarlo. Chiaro che molta della sua rabbia, soprattutto quest’anno, è venuta fuori: si lamenta perché non può giocare a calcio e a basket come i suoi amici, chiama la malattia ‘maledetta Sma‘”.

Molte delle speranze sono legate al 2017: “Al momento non esiste una cura, ma solo farmaci anti-senso, che bloccano la malattia al punto in cui è e che sono in sperimentazione soprattutto sui bambini più gravi. Cristian non sta seguendo nessuna cura specifica. L’anno prossimo dovrebbe partire un nuovo trial per la terapia genica. Ogni giorno, per chi la Sma, è un giorno in cui si perde qualcosa. Ringrazio del fatto che mio figlio peggiora solo nella stagione fredda e comunque molto poco. La quotidianità è lo stesso molto dura. Non dico mai, come altri, che è comunque tutto meraviglioso, che è comunque un dono. Si va avanti, tutto qui. Nonostante tutto“.