Arriva anche a Ravenna, da lunedì 6 marzo, “Ci sono anch’io. Mostra di albi illustrati per bambin#”, un progetto nato dalla volontà di Francesca Pardi, mamma di quattro figli insieme alla moglie Maria Silvia Fiengo, con cui ha fondato la casa editrice “Lo Stampatello”, che a ogni uscita tratta il tema della diversità, con un occhio attento alle famiglie omogenitoriali. Francesca Pardi aveva fatto parlare di sé, un anno e mezzo fa, quando aveva ricevuto dal Papa la risposta alla lettera nella quale segnalava l’inesistenza della teoria gender. La mostra, che ha già girato in altre province – arrivando per esempio anche al Museo Luttazzi di Genova – ha coinvolto trenta case editrici nella scelta di circa 150 titoli sull’educazione alle differenze in senso lato. A Ravenna sarà allestita alla biblioteca Oriani (via Corrado Ricci 26) fino al 26 marzo (dal lunedì al venerdì 8.80-13.30 per le classi che hanno prenotato, martedì e giovedì dalle 15.30 alle 18.30). L’esposizione è parte del progetto “Libro Libera Tutt≠” dedicato alla pluralità e al rispetto delle scelte, a vantaggio dei diritti di tutti e tutte.
Francesca, soddisfatta del tour della mostra?
“Non proprio. La mostra avrebbe potuto e potrebbe girare molto di più. Il punto è che se non ci sono associazioni che già trattano questi temi a chiamarci, come Femminile Maschile Plurale, assistiamo a un vero e proprio boicottaggio. La mia idea è nata sull’onda delle polemiche sul cosiddetto ‘gender’ e a causa di quelle stesse polemiche viene puntualmente respinta. Lo vediamo anche dall’esperienza della casa editrice: entrare nelle scuole con i nostri titoli a volte pare impossibile, ci impediscono di radicarci. Già, essendo piccole, viviamo il problema di farci conoscere, visto che non investiamo in pubblicità: se aggiungiamo gli ostacoli culturali, la frittata è fatta”.
Si è fatto di tutta l’erba un fascio?
“Esatto. Quelli contrari alle famiglie come la nostra hanno rinunciato a lavorare sull’intera cultura del rispetto delle differenze. Visto che ad alcuni inserire l’omosessualità nei libri per bambini è parso un passaggio insopportabile, si è deciso di mandare a mare tutto il resto: disabilità, immigrazione. Prima del putiferio sul ‘gender’ lavoravamo senza problemi anche con alcune librerie cattoliche. Ma quando la crociata è partita, tutto il prezioso lavoro di inclusione che era stato fatto fino a quel momento si è, di colpo, interrotto. Un fatto di una gravità inaudita. Smettere di dire che l’omosessualità è un’aberrazione ha significato, nei fatti, far saltare tutto il sistema di accettazione rispetto alle numerosissime realtà che non rientrano nella norma”.
Al boicottaggio dall’alto ha fatto da contraltare l’apprezzamento del pubblico?
“Certo, per carità. Ma non basta. Il discorso che staimo portando avanti è importante e collettivo, perché riguarda bene o male tutti”.
Nella vostra vita quotidiana subite le stesse resistenze?
“Per fortuna no. Siamo una famiglia grande, ci conoscono tutti dove viviamo. E non abbiamo mai sprimentato problemi di integrazione sociale. Non nego, però, che nel periodo precedente l’approvazione delle unioni civili i bambini hanno subito qualche contraccolpo: dal punto di vista mediatico, infatti quell’ondata non è stata benefica. Io e Maria Silvia siamo sposate in Spagna: dobbiamo ancora trascrivere il matrimonio. Sarà questione di poco”.
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