“Una bella sfida in cui mi sono catapultata con anima e corpo”. Clede Maria Garavini è la nuova Garante per l’infanzia e l’adolescenza della Regione Emilia-Romagna. Il suo mandato, che durerà cinque anni, succede a quello di Luigi Fadiga, che aveva salutato l’incarico con il cruccio dell’imperversare del fenomeno del bullismo. Pedagogista e psicologa psicoterapeuta, Garavini ha lavorato per molti anni nell’area materno-infantile dei servizi socio-sanitari e dal 2011 è giudice onorario del Tribunale dei minorenni dell’Emilia-Romagna.
Dottoressa, il mondo dell’infanzia è sterminato. Ci sono alcuni temi che le stanno particolarmente a cuore e sui quali lavorerà?
“Ho a cuore due momenti, in particolare: la gravidanza e il periodo 0-3 anni da un lato, l’adolescenza dall’altro. Sul primo ci si sofferma ancora troppo poco, quando invece dovrebbe essere centrale in quanto ricco di prospettive: il benessere dei bambini passa dai genitori e lavorare sul periodo dell’attesa e dei primi anni è cruciale. L’adolescenza è una fase di grandi risorse e grandi rischi, nella quale bisogna avere le antenne dritte. I ragazzi possono dare la svolta e diventare grandi o, al contrario, chiudersi del tutto in se stessi. Il ruolo dell’adulto, in questo senso, è importantissimo”.
La figura del Garante è adeguatamente conosciuta?
“No, putroppo. C’è un lavoro immenso da fare per promuoverla e, al contempo, per far conoscere i diritti dell’infanzia, vigilando sull’applicazione delle norme. Un ambito ricchissimo dove l’aspetto prioritario è mettersi in ascolto dei bambini stessi, soprattutto quelli che vivono un disagio”.
Luigi Fadiga aveva inaugurato e lanciato uno sportello per incontrare direttamente i ragazzi. Lo riproporrà?
“Lo sportello attivato a Bologna putroppo non ha avuto riscontro. E credo che il motivo sia la mancanza di una cultura del passaggio dai diritti proclamati a quelli realizzati. Abbiamo leggi bellissime ma scarse azioni”.
Problema di cultura dell’infanzia in generale?
“Definire la cultura dell’infanzia è difficilissimo perché la cultura è fatta dalle regole, dalla idee, da quello che fanno i servizi e dalla vita concreta dei bambini. Esistono ancora, nel nostro Paese, situazioni di trascuratezza e abuso, esistono genitori inadeguati sul piano delle relazioni e dell’affettività. E servono risposte concrete”.
Il territorio regionale si distingue?
“Senza dubbio. In Emilia-Romagna abbiamo un’eccellente rete di servizi e il dibattito sull’infanzia è a un livello altissimo. Dibattito che va alimentato sempre di più e tradotto in attenzione e cura”.
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