L’avvocato: “Non chiamateli atti di bullismo: sono reati”

(Foto d’archivio)

“Finché non chiameremo le cose con il loro nome e cognome, non faremo un passo avanti”. È netto Antonio Maria La Scala, l’avvocato penalista del foro di Bari – nonché presidente nazionale delle associazioni Gens Nova Onlus e Penelope Italia Onlus – che è intervenuto al Chiostro di San Paolo di Ferrara (via Boccaleone 19) per l’incontro “Bullismo e cyberbullismo: conoscerli per sconfiggerli” inserito nella cinque giorni di Emergency Days.
Avvocato, che cosa sbagliamo nell’approcciarci al tema del bullismo?
“Usiamo parole sbagliate. L’impunità che a volte regna sovrana nelle questioni di cosiddetto bullismo è legata al fatto che nella maggior parte dei casi siamo di fronte a reati: atti persecutori, furto di identità, ingiuria, diffamazione, lesioni. E chi più ne ha, più ne metta. Solo definendo meglio le cose, potremo combattere quello che i sociologi chiamano bullismo ma che per noi è avvocati ha un’altra faccia, quella giuridica”.
Qual è la falla del sistema?
“Da un anno a questa parte il Governo ha finalmente messo mano al problema. Ma l’ignoranza è ancora sotto gli occhi di tutti. Penso alla scuola, dove molti insegnanti hanno paura a denunciare e dove altrettanti dirigenti fingono di non vedere per non abbassare il livello di reputazione dei loro istituti. Ma pensiamo a quanta gravità ci riporta la cronaca: casi di suicidio, disabilità acquisite in seguito un atto di ‘bullismo’. Non c’è davvero più tempo da perdere”.
Lei incontra regolarmente i ragazzi e i docenti. Che cosa nota, in generale?
“Da parte dei ragazzi, una grande attenzione. Gli insegnanti mi chiedono come riesco a tenere seduti i loro allievi per tre ore, zitti e immobili. Semplice: raccontando le cose come stanno. Segnalando loro casi reali, gravi e pesanti. Dicendo loro che alcuni genitori di bulli hanno dovuto vendere la casa, per risarcire le vittime. Non nascondendo che si va nel penale, che si rischia grosso. Per i minori spesso la procedura prevede la cosiddetta messa alla prova, dove il ragazzo se la cava dimostrando di voler recuperare, chiedendo perdono e risarcendo il danno. Ma non è un motivo sufficiente per non fare prevenzione”.
E i prof?
“Fanno domande, assaliti da mille dubbi. Io continuo a ripetere che ci vorrebbero delle linee guida a cui attenersi: per capire come segnalare, a chi rivolgersi, come muoversi”.
Nell’immaginario il bullismo che cos’é?
“Una ragazzata, uno sfottò. Bisogna abituarsi al più presto a considerare questi fenomeni dei reati”.

All’incontro di Ferrara, moderato dalla fondatrice di Emiliaromagnamamma.it., la giornalista Viviana Cippone, hanno partecipato anche Anna Oliverio Ferraris, psicoterapeuta, scrittrice, professore di Psicologia dello sviluppo all’Università Sapienza di Roma; Monica Pasquino, dal 2011 Presidente dell’Associazione di Promozione Sociale  S.CO.S.S.E. dottore di ricerca, formatrice e consulente nella progettazione educativa per enti privati, pubblici e associazioni; Flavia Rizzo, vittima di bullismo e testimonial della campagna della Polizia Postale “Una vita da social” (l’abbiamo intervistata qui).

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