“Un’ingiustizia sulla pelle di mia madre, già umiliata dal dover sempre chiedere quello che le spetta”. Gloria Ramilli, ravennate, è arrabbiata. Qualche settimana fa, infatti, si è vista negare il diritto alla legge 104 per assistere la madre 83enne Carla, invalida al cento per cento grave. E ha visto la madre perdere l’assegno di accompagnamento.
La sua “denuncia”, tramite l’Anmic alla quale la mamma è associata, diventerà presto un ricorso contro lo Stato, nello specifico l’Inps. Invalida già al 90% dal 2008, Carla ha avuto infatti altri grossi problemi negli anni a venire, vedendosi appunto riconoscere l’invalidità totale nel giugno dello scorso anno. Dopo tre mesi, altri tre interventi chirurgici le hanno di fatto dato il diritto all’accompagnamento (circa 500 euro al mese) e alla 104 per Gloria.
Prima della visita di revisione prevista per giugno di quest’anno, la donna ha avuto un tumore maligno dermatologico, che si è sommato ad altri avuti in passato: mammella, colon, vulva: “Per completare il quadro mia madre ha un’ipoacusia bilaterale, il pace-maker, soffre di fibrillazione atriale e d’incontinenza urinaria”.
Condizioni che le consentono di vivere da sola ma con grossi aiuti: quelli della figlia che va tutte le sere, tutti i fine settimana e l’accompagna alle visite, quello dell’assistenza domiciliare per l’igiene della persona, quello del pasto a domicilio. “Nonostante ciò, a mia madre è stato tolto tanto, troppo – spiega Gloria -. Durante la visita del 27 giugno era agitata perché dover andare ogni volta a dimostrare che si sta male e non si è autosufficienti è degradante. Io non le ho mai chiesto di fare la scema, di inventare quello che non è, sarei stata la prima a umiliarla. Proprio io che ho usufruito della 104 a ore, non a giorni, tornando al lavoro dopo le visite alle quali ogni volta la portavo”.
Quello che ha subito Carla, secondo Gloria ha molto a che vedere con il concetto e con la sostanza di qualità della vita: “Mia madre è una donna di spirito, che ha affrontato tutto con grande forza. Metterla in una casa di riposo o affidare le sue cure a una badante la demoralizzerebbe di certo. D’altro canto, io che me ne vorrei occupare e lavoro 40 ore alla settimana, sono limitata nel farlo. Non è solo una questione economica, non è solo che vive con la pensione di mio padre. Il problema è più grande. Ma lei ha commentato che siamo in Italia, se l’aspettava”.
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Commenti:
Grazie di cuore, Silvia.
Gloria
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