Mentre altrove sono scoppiate vere e proprie battaglie giudiziarie, alle nostre latitudini la questione è stata affrontata con un certo metodo cercando di anticipare le beghe: il Comune di Rimini, ad esempio, ha da tempo avviato un percorso per la definizione di un protocollo con l’Ausl e le istituzioni scolastiche in cui vengano stabilite le linee guida per consumare a scuola un pasto portato da casa. Adesso invece potrebbe di nuovo cambiare tutto: un disegno di legge mira a fermare la pratica di portarsi il panino da casa e ad affermare l’obbligatorietà della mensa.
Tutto è partito circa un anno fa da una sentenza che coinvolgeva la città di Torino dove ben 6mila bambini su 30mila si portano il pranzo da casa. La pronuncia ha di fatto liberalizzato la pratica ma adesso il Parlamento vuole ristabilire l’obbligo della refezione scolastica. Il nodo è l’articolo 5 del disegno di legge sulla ristorazione collettiva che recita così: “I servizi di ristorazione scolastica sono parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche”.
Così i genitori della Rete nazionale delle commissioni mensa sono sul piede di guerra: “Rendere obbligatoria l’iscrizione al servizio mensa a pagamento rappresenta un colpo di spugna che cancella lo strumento di pressione più forte per il cambiamento in mano alle famiglie: il pasto da casa – scrivono in una nota -. Al posto di rendere obbligatorio il servizio il legislatore dovrebbe porsi l’obiettivo di garantire più efficacemente i fondamentali che le famiglie denunciano come assenti: qualità delle materie prime, monitoraggio e controllo dal basso, trasparenza dei dati, equità delle tariffe“. A giudizio delle famiglie che si battono per il cosiddetto diritto al panino, “l’obbligatorietà non solo non garantirà alcun progresso in questi ambiti ma amplificherà ulteriormente il conflitto sociale esistente. Un conflitto fondato sulla consapevolezza crescente che il legislatore sembra esser più orientato a garantire margini di profitto alle società di ristorazione collettiva prima ancora che a tutelare meglio la salute delle nuove generazioni e l’ambiente”.
Per contro, Angelica Saggese, senatrice del Pd e relatrice del ddl in commissione, al quotidiano la Repubblica spiega le ragioni della norma: “Abbiamo visto scuole che si comportavano in maniera diversa, bambini che venivano ghettizzati, mangiando da soli e lontani dai compagni. Senza dimenticare le questioni igienico-sanitarie”.
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