Ieri il “bus della libertà” organizzato da CitizenGO Italia e Generazione Famiglia – quelli del Family Day, per intenderci – ha fatto tappa a Bologna per dire no alla cosiddetta “teoria del gender” secondo la quale in alcune scuole si indottrinerebbero i bambini a smontare la propria identità sessuale e di genere. Al suon di “I bambini sono maschi e le bambine sono femmine”, il bus ha sostato in Piazza VIII Agosto mentre lo attendeva un presidio di un centinaio di persone, riunite sotto la rete “Stop agli integralisti cattolici e ai neofascisti”.
Un fatto che ci ha fatto rispolverare alcune storie che abbiamo raccontato nei mesi scorsi su Emiliaromagnamamma.it e che parlano da sole. Come quella di Camilla, la mamma di un bimbo che ama il rosa e i vestiti “da femmina” e che si trova spesso davanti persone incredule davanti al fatto che si chiami Giovanni. O quella di Lucia Beltramini, la docente universitaria che ha inventato il “gioco del rispetto” attraverso il quale insegnare ai bambini la parità di genere e attraverso cui prevenire la violenza. Ancora, quella di Pina Caporaso, una maestra di Pistoia per la quale l’educazione alle differenze, tra i banchi, è un must: “L’ideologia gender è diventata lo spauracchio collettivo per due motivi: da un lato perché sussiste la sempiterna paura della libertà, quando invece noi forniamo delle mappe che consentano ai bambini di orientarsi nella complessità, di riconoscere la propria identità e non averne paura. Dall’altro perché viviamo in un Paese omofobo che crede che combattere gli stereotipi di genere, cosa che la scuola purtroppo contribuisce e veicolare, equivalga a incoraggiare i bambini all’omosessualità, come se quest’ultima fosse una scelta o un condizionamento che viene dall’esterno”. E soprattutto ci è venuto in mente il libro di Michela Marzano, che nel libro “Papà, mamma e gender” spiega come i nostri figli non siano affatto in pericolo.
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