Il dottor Paolo Accorsi

“Non ci sono dubbi che la chiusura di un piccolo punto nascita rappresenti un momento ad impatto emotivo per la popolazione del territorio; quando si parla di salute, occorre però riuscire ad andare oltre al legame affettivo”. Ad affermarlo è il dottor Paolo Accorsi, ginecologo e componente della Commissione Nascita regionale, che si è espressa unanimemente a favore della chiusura dei piccoli punti nascita in Emilia Romagna.

“L’Organizzazione mondiale della sanità – chiarisce Accorsi – sottolinea l’importanza di partorire il più possibile vicino a casa, ma a condizione che siano garantiti i criteri di sicurezza per la mamma ed il neonato. L’emergenza in sala parto è rara, ma si può sempre verificare in modo del tutto imprevedibile anche nei cosiddetti parti a basso rischio. Ed anzi, proprio in questi casi la percezione – errata – di prevedibilità assoluta attraverso il meccanismo di selezione, diventa particolarmente pericolosa, perché l’emergenza, quando si manifesta, coglie ancor più impreparati. Nel parto in ospedale le donne pretendono – ne hanno diritto – la massima qualità assistenziale per il massimo della sicurezza. E nell’emergenza tutto deve essere perfetto: scelte giuste e sinergie perfette tra gli operatori. Non stiamo parlando solo di un bravo ginecologo o un altrettanto bravo pediatra: parliamo di un team che comprende ostetriche, infermiere, chirurghi, personale di sala operatoria, laboratorio, trasfusionale, anestesisti, neonatologi. E’ il personale che deve essere tutto presente immediatamente, non c’è tempo per spiegare o chiedere cosa fare”.

“Non basta far ruotare nei piccoli punti nascita operatori che lavorano di routine in grandi ospedali – prosegue Accorsi -, perché questi operatori non sarebbero in grado di operare in perfetta sintonia: occorre tanto allenamento fatto assieme. L’intero ospedale non risulta sempre all’altezza per affrontare situazioni ostetriche e neonatologiche critiche, e non a caso molti dei criteri di esclusione al parto sono su categorica indicazione anestesiologica”.

“Le società scientifiche – conclude il medico – si esprimono concordi contro la permanenza in attività dei punti nascita sotto i 500 parti l’anno. Mi auguro che anche la società civile ne comprenda i motivi e divenga presto consapevole che i professionisti si esprimono e lavorano tutti i giorni per la salute e non per altri obiettivi”.