E’ stata giudicata “didatticamente incapace” perché, come in una barzelletta, scriveva “squola”. Decisamente grave per una maestra che, oltre tutto, agli alunni della scuola elementare papa Sarto di Veternigo (località in provincia di Venezia) proponeva altri termini come “sciaquone” oppure ometteva le doppie quando servono e altri strafalcioni grammaticali del genere. Alla fine, dopo una lunga battaglia, l’insegnante è stata cacciata. Non è stato semplice però.

A scoperchiare la vicenda, nel 2015, erano stati alcuni genitori che dai compiti dei figli si erano accorti degli errori della maestra: l’ortografia lasciava molto a desiderare. Da quel momento è cominciato il braccio di ferro con la scuola (che fa parte dell’istituto comprensivo Cordenons di Santa Maria di Sala). Una protesta dura con iniziative clamorose come la scelta di non mandare a scuola per otto giorni consecutivi i 39 bambini delle due prime classi.

Nel frattempo è stato pure scoperto che la maestra era recidiva: nel 2011 era già stata trasferita da un istituto vicino a causa del solito problema, troppi svarioni in italiano. Sulle prime la dirigente scolastica aveva tentato di fare prevalere il diritto allo studio e a scuola si erano presentati anche i carabinieri per convincere i genitori almeno a non fare interrompere la frequenza ai figli. Poi, di fronte all’inamovibilità delle mamme e dei babbi, la preside ha investito della questione l’ufficio scolastico provinciale.

Il passo successivo – quello che ha fatto tirate un sospiro di sollievo ai genitori – è stato un periodo di sospensione dell’insegnante dalla scuola. Poi l’iter è andato avanti fino a quando, nei giorni scorsi, il giudice del lavoro di Venezia ha confermato il licenziamento della donna. Il suo ricorso contro la decisione del ministero dell’Istruzione è stato rigettato e non è stata neanche assegnata ad altre mansioni o trasferita in un altro istituto, come aveva chiesto in subordine. Insomma, non è proprio adatta all’insegnamento, deve trovarsi un altro lavoro.