Francesco Pio dovrebbe fare la terapia Aba un giorno sì e uno no, se non tutti i giorni. Ma pagargliela, a suon di 20 euro l’ora, per i suoi genitori è impossibile, come lo sarebbe per molte famiglie dove la mamma non lavora e il papà ha uno stipendio normale. Maria Giovanna Carlini vive in provincia di Modena, da dove ha lanciato la petizione “Metodo Aba gratuito in Emilia-Romagna” (si può firmare qui).
L’Aba (Applied Behavioral Analysis) – che dovrebbe regolarizzare i comportamenti inadeguati e favorire l’apprendimento di nuove abilità – è stato consigliato al primogenito di Maria Giovanna – che ha anche una bimba di un anno e mezzo – in modo intensivo: “Mio figlio ha avuto la diagnosi di autismo grave qualche mese fa, a tre anni di età. Agire d’anticipo significherebbe per noi sperare in risultati più veloci e più importanti. Invece siamo costretti a farne a meno per via dei costi. In altre regioni, come l’Abruzzo, le famiglie non pagano l’Aba. Vorrei che per Francesco e gli altri bambini nella sua situazione ci fosse la stessa opportunità“.
La mancata copertura dell’Aba si somma ad altre difficoltà: “Le pratiche per la 104 e l’assegno di frequenza sono bloccate, così come la logopedia a domicilio. Ogni nostra richiesta diventa una lungaggine burocratica. L’autismo pare una malattia di serie B. Noi famiglie siamo non aiutate, isolate. E quando vado a cercare lavoro e dico che ho un figlio disabile, ogni porta si chiude automaticamente”.
Maria Giovanna ha deciso da subito di raccontare la propria storia e chiedere aiuto anche grazie alla pagina Facebook “Aspettando te da una vita”
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