Eleonora, danneggiata durante il parto. La battaglia della sua famiglia per il risarcimento

Eleonora con i genitori Davide e Benedetta

“Siamo fiduciosi che la giustizia possa darci quello che ci spetta”. Eleonora sorride dalla carrozzina mentre papà Davide Gavazzeni parla delle speranze legate alla sentenza civile attesa per giugno. Una decisione che dovrebbe risollevare economicamente la famiglia originaria di Bergamo, ma da tre anni residente a Ravenna, dopo il danno cerebrale subito al momento del parto dalla bambina, il 3 dicembre del 2008 all’ospedale di Rovigo. Dopo che, nel processo penale, le due ginecologhe accusate di negligenza e imperizia erano state assolte in primo grado, salvo essere condannate in Appello (il reato però era già prescritto), la famiglia ha iniziato la causa civile, chiedendo 30 milioni di euro di risarcimento. Cifra che potrebbe consentire a Eleonora di essere curata come si deve e ai suoi genitori di non dover attingere a quei pochi risparmi rimasti: “Siamo praticamente a reddito zero – spiega la mamma, Benedetta Carminati -. Per poter stare dietro alla bambina, che ha bisogno di assistenza continua, io non posso lavorare. Mio marito, che aveva un’azienda di carpenteria edile con dodici dipendenti, ha dovuto chiudere la sua attività e ora fa l’artigiano in giro, lavorando ben poco”.

Nell’ultimo mese Davide e Benedetta si aspettavano per lo meno di ricevere i 250mila euro di provvisionale disposti dal giudice in sede penale e spettanti al padre, che si era costituito parte civile. Ma di soldi, per ora, non se ne sono visti: “Per le medicine e le terapie di Eleonora – raccontano – escono circa 5mila euro al mese. Solo poco più di mille vengono coperti dall’assegno di cura e dall’invalidità. Il resto viene dalle nostre tasche. Per fortuna qui a Ravenna, dove ci siamo trasferiti per consentire a nostra figlia di fare ossigenoterapia al Centro iperbarico, siamo stati accolti molto meglio che a Rovigo: l’Ausl ci passa la neurofisiatra e vengono le assistenti sociali quattro volte alla settimana a fare il bagno a Eleonora, che comunque è entrata nel cuore di molte persone e può fare scuola a domicilio grazie a un’insegnante e un’educatrice della Riccardo Ricci”.

In questi anni Eleonora, che è tetraplegica, vede solo qualche ombra e ha dolori legati allo stare sempre seduta, ha subito moltissimi interventi chirurgici, oltre a dover affrontare una pubertà precoce che la costringe a fare punture per fermare lo sviluppo: “Ci sono periodi in cui basta sfiorarla per sentirla piangere ogni due minuti – racconta la mamma -. Solo la piscina è la sua salvezza, lì sembra quasi rinascere. Ma non è semplice portarla, visto che è cagionevole di salute e basta un raffreddore per farla peggiorare. Cresce anche molto in fretta e la struttura ossea soffre, tanto che ci aspettiamo di doverle far ripetere l’operazione alle anche”. Con il risarcimento i suoi genitori, oltre a poterla curare al meglio, potrebbero anche acquistare una casa adatta alle sue esigenze: “Al momento siamo in affitto in un appartamento ma il bagno, per esempio, è troppo piccolo per poterci muovere con lei e con la carrozzina, un ausilio da 5mila euro che per un quinto abbiamo dovuto pagare noi e che a breve, visto che nostra figlia cresce a vista d’occhio, andrà cambiata”.

E la mente va alla notte tra il primo e il due dicembre di dieci anni fa quando Benedetta, dopo una gravidanza tranquilla e regolare, accusò le prime contrazioni: “All’ultima visita il ginecologo aveva dato indicazioni per un cesareo, che per tutte le quindici ore di travaglio mi venne negato, nonostante implorassi che me lo facessero. Vomitavo, avevo sentito che la bambina aveva fatto uno strano movimento. Ma non mi presero in considerazione. Per un’ora e mezza mi fecero le manovre di Kristeller, tanto da procurare una frattura al cranio di mia figlia. Poi passarono alle ventose: la prima si ruppe, la seconda non riuscì lo stesso a tirare fuori la bambina, che era bloccata“. Dopo aver chiamato la seconda ginecologa condannata, che era reperibile, venne ordinato un cesareo d’urgenza: “Io fui cacciato fuori – ricorda Davide – e quando mia figlia uscì, era completamente nera”. Solo più avanti i genitori hanno saputo che Eleonora era rimasta cinque ore in asfissia e, alla nascita, era stata rianimata. 

E dopo il danno, la beffa: “Sono diabetica di tipo 1 – spiega Benedetta – e per molto tempo hanno provato a colpevolizzarmi per questo, facendomi credere che la causa del danno cerebrale di Eleonora fosse la mia malattia, quando tutti i medici consultati dopo il parto ci avevano detto che c’era stato un errore medico, salvo negare durante il processo civile”. Motivo per cui il legale della famiglia, Mario Cicchetti, ha denunciato sei medici per falsa testimonianza: “In sede penale hanno dichiarato una cosa – racconta l’avvocato – e in sede civile quella opposta”. Proprio oggi Benedetta e Davide si sono costituiti parte civile contro un’ostetrica e un’infermiera imputate per il reato di falsa testimonianza e l’udienza è stata rinviata al 25 settembre.

Per sperare nel risarcimento di 30 milioni di euro, intanto, la famiglia ha dalla sua parte numerose vittorie: “A nostro favore – spiega Cicchetti – c’è la consulenza del gruppo assicurativo dell’Asl di Treviso con cui tentammo una mediazione durata diversi mesi. E che riconobbe, nei fatti, la responsabilità delle due ginecologhe poi condannate. Invece di fare un’offerta, poi chiuse le trattative rompendo ogni rapporto con noi. Ma quelle carte restano e sono confluite nel processo civile. Un risultato che si aggiunge all’ottenimento di una consulenza tecnica d’ufficio fatta non da esperti veneti ma dell’Emilia-Romagna”.

A dare forza alla famiglia è soprattutto lei, Eleonora: “Nostra figlia – dicono all’unisono i genitori – ci consente di andare avanti e di non scoraggiarci, nonostante abbiano provato a gettarci addosso tanto fango. Poco prima della nostra deposizione, durante il processo penale, trovammo nella buca delle lettere un foglio con la scritta ‘la pagherete cara’. I tracciati, dalla Procura, sono spariti. E caso strano, ci hanno detto che quel giorno le telecamere non funzionavano. Senza contare che un giorno bussò alla porta la Polizia stradale per sequestrarci un furgoncino che avevamo allestito con il sollevatore per il trasporto di Eleonora. Ci restavamo da pagare le ultime quattro rate di leasing. Avevamo chiesto di poter rateizzare ancora di più il debito rimasto”. In cambio, è arrivata per il papà di Eleonora una denuncia per appropriazione indebita.

 

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