Part-time e donne in officina: la conciliazione secondo Focchi

Quando Paola Arcangeli è diventata mamma, quindici e poi di nuovo otto anni fa, ha usufruito sia del congedo di maternità obbligatorio che di quello facoltativo, rientrando poi con un part-time di sei ore. Da trent’anni dipendente dell’azienda riminese Focchi Spa, oggi è responsabile delle risorse umane, un settore nel quale sta cercando di portare sempre più attenzione e sensibilità alle esigenze e alla valorizzazione delle donne. Argomento del quale ha parlato ieri a un convegno sulla conciliazione famiglia-lavoro al quale hanno partecipato diverse aziende del territorio.

“Quando sono stata assunta io – racconta – le donne in azienda erano pochissime, come spesso accade nell’ambiente della metalmeccanica. Oggi sono cresciute ma restano pur sempre una minoranza. A tutte coloro che la chiedono, in ogni caso, assicuriamo la maternità facoltativa e anche il part-time: la formula che viene più spesso scelta è quella delle sei ore continuative“.

Il pensiero che sta dietro a quello che altrove potrebbe essere visto come un eccessivo permissivismo è che le donne, se la maternità non viene considerata un intralcio dai datori di lavoro, si fidelizzano, lavorano meglio e sono più produttive: “Non a caso sto studiando il nuovo welfare aziendale per provare a inserire altre agevolazioni, come la spesa in azienda o altri servizi che rendano la conciliazione più alla portata delle lavoratrici”.

L’altra novità è il graduale inserimento delle donne in officina: “Al momento ne abbiamo una con un contratto di lavoro interinale ma spero di riuscire a portarne almeno altre due”. Esperienze che potrebbero creare un effetto domino: “Sul tema della questione femminile e della conciliazione, credo che la condivisione tra le aziende sia importantissima. A volte possono partire iniziative interessanti, anche a basso costo, che se non opportunamente diffuse rischiano di restare appannaggio di una sola azienda“.

Le cose, però, forse stanno cambiando: “C’è senza dubbio una resistenza culturale nei confronti del lavoro più flessibile e più adatto alle esigenze familiari e di gestione dei figli. Ma credo che le nuove generazioni di imprenditori stiano cambiando, che verso le donne si stia sviluppando una maggiore sensibilità. C’è bisogno di tutti e di tutti e lo spazio, in un mondo che si evolve così in fretta, c’è”.

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