“Le donne con il tumore al seno di tutta Italia hanno diritto a essere curate nei centri di senologia, e non devono essere indirizzate a un ospedale generico”. Rosanna D’Antona, presidente di Europa Donna Italia, è impegnata da anni nel far valere i diritti delle donne in un campo che purtroppo è sempre più associato al mondo femminile: quello, appunto, del cancro alla mammella.
Mercoledì 2 maggio, nella sede della Regione Emilia-Romagna, si terrà un incontro pubblico con le istituzioni (qui tutti i dettagli) per presentare proprio la rete delle cosiddette breast unit dove le donne, a partire dalla diagnosi, vengono accompagnate nel proprio percorso di cura da una squadra di professionisti di diverse discipline tutti specializzati nel tumore al seno. Un percorso che prevede anche il sostegno psicologico e che solleva la donna dall’incombenza di cercare e contattare lo specialista o la struttura adatti al proprio problema.
“In Emilia-Romagna, dove la rete dei centri è ben organizzata e strutturata, la situazione è rosea e il 2 maggio saremo a Bologna appunto per sottolineare questo eccellente risultato – precisa la presidente – ma in altre Regioni l’intesa del 2014 è inapplicata e le donne non sono seguite in maniera adeguata. Eppure, le donne curate nei centri di senologia hanno il 18% di possibilità di guarigione“. Per questo, oltre a fare pressione per l’ottenimento di linee guida nazionali e a stimolare le Regioni che ancora non l’hanno fatto ad accelerare l’organizzazione dei centri, Europa Donna Italia ha contribuito a proporre l’inserimento delle Breast Unit tra i servizi obbligatori garantiti dal Sistema sanitario (i LEA, livelli essenziali di assistenza).
Il primo servizio gratuito, garantito sul tutto il territorio nazionale, che ha cambiato la storia del tumore al seno in Italia è lo screening mammografico per le donne nella fascia di età più a rischio (tra i 50 e i 69 anni): “Lo screening è stato senz’altro il primo provvedimento che ha invertito la rotta della mortalità perché consente la diagnosi precoce e avvia subito la donna alle cure necessarie. Non solo: dal momento che è parte integrante della Breast Unit, oggi una donna che riceve una diagnosi di tumore con la mammografia di screening è automaticamente inserita nel percorso specializzato e multidisciplinare previsto dalla legge”.
Nemmeno lo screening però, funziona ovunque come dovrebbe: “I problemi da risolvere sono di due tipi. Il primo riguarda l’estensione, cioè in alcune Regioni non tutte le donne che dovrebbero ricevere la chiamata per i controlli in effetti la ricevono. Il secondo riguarda l’adesione, cioè non tutte le donne invitate si presentano all’appuntamento. Noi lavoriamo perché in ogni Regione tutte le donne vengano invitate e tutte siano consapevoli dell’importanza dello screening: conoscere i propri diritti serve anche a farli valere”.
Un’altra delle battaglie di Europa Donna Italia è che nei tavoli nazionali e regionali di coordinamento e monitoraggio dei servizi di diagnosi e cura del tumore al seno sia rappresentato l’associazionismo femminile: “Crediamo fermamente che le associazioni delle pazienti possano concretamente contribuire a migliorare i servizi, proprio perché vivono la malattia sulla propria pelle”.
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