Gessica Notaro con Livia Santini di RiANIMAzione letteraria


“Come stai?”

“Bene, molto bene”. 

Non sono passati nemmeno due anni da quando Gessica Notaro è stata sfregiata con l’acido a Rimini dall’ex fidanzato Edson Tavares. Eppure oggi, all’incontro organizzato all’ospedale di Ravenna da RiANIMAzione letteraria, l’ex finalista di Miss Italia si è mostrata allegra, ironica e molto lucida sul tema della violenza contro le donne. Un tema che ha approfondito a suo spese, da quel 10 gennaio 2017 in cui l’acido le sbriciolò il collo della giacca ma soprattutto le mangiò il viso, rischiando di farle perdere la vista che ha recuperato nell’occhio destro e che spera di recuperare in quello sinistro, ieri coperto da una benda dorata.

Sembra che gli uomini maltrattanti frequentino tutti la stessa scuola – ha detto Gessica -: il ciclo della violenza passa bene o male, in tutte le storie, dalle stesse fasi. Così come da personalità narcisistiche, da uomini che sono perfetti manipolatori e che ti ingabbiano in una trappola psichica dalla quale è difficilissimo uscire. Quando vengono lasciati, la prima reazione è l’incredulità e si dicono convinti che la donna, prima o poi, tornerà sui propri passi. Quando si accorgono che lei fa sul serio, tirano in ballo l’altro, il tradimento. Poi passano ai ricatti: ‘Se non torni con me, mi tolgo la vita’. Un monito che nel mio caso aveva una risonanza pesantissima, visto che mio fratello si è suicidato anni fa. Tavares, a un tratto, è arrivato a dirmi che mi avrebbe rovinato la vita senza toccarmi con un dito. E in quel momento ho iniziato a pensare all’acido”.

Il punto è che, quando ha esternato le sue paure, Gessica non è stata creduta: “Mi davano per pazza. Non solo: viste le denunce, l’ammonimento e la distanza che Tavares doveva tenere da me, per le forze dell’ordine la situazione era sotto controllo. Mi sono lasciata condizionare dal pensiero degli altri, il mio terrore non è stato adeguatamene considerato. Eppure è una questione di secondi. Il tempo di schiacciare l’interruttore della luce e la tua vita è rovinata”.

Secondo Gessica la battaglia andrebbe giocata sul piano preventivo: “Vanno bene le lotte per la certezza della pena, come quella che sta portando avanti Lucia Annibali. Ma se parliamo di pena, significa che una donna ci ha già rimesso. In Italia ci sono venti braccialetti elettronici per lo stalking ma non vengono usati perché costano troppo. Io dico: se proprio dobbiamo farne una questione economica, quanto costano sette interventi chirurgici a Gessica Notaro? E due mesi di ricovero al Bufalini?”. 

Ma sul concetto di amore e disamore, Gessica va cauta: “Si parla spesso di amore malato o non amore, quando c’è di mezzo la violenza. Sono definizioni a mio parere rapide che non tengono conto di molte variabili. Ognuno di noi ha la sua visione e la sua definizione dell’amore, che deriva da quanto ha ricevuto da piccolo e da quello, quindi, che è in grado di dare. Tavares non ha ricevuto un buon trattamento, da bambino. E questo è quello che ha restituito. Ecco perché non mi nego la possibilità di fidarmi, di innamorarmi ancora. Lui mi voleva chiudere nel suo mondo, fare in modo che alla mia bellezza non potesse accedere nessun altro uomo. Non gliel’ho data e non gliela darò vinta”.

Quanto alla bellezza, per Gessica fa rima con energia: “Quando la mattina ti guardi allo specchio e ti vuoi bene, non potrai che farti amare dagli altri. Per fortuna, anche prima dell’aggressione, non davo così importanza all’apparenza. Quando mi è arrivato l’acido in faccia, ho pregato che mi rimanesse la vista, non la bellezza. Questo non significa che non abbia sofferto: nella fase acuta dello sviluppo delle cicatrici ero gonfia, senza palpebre e come intrappolata in una maschera di gomma. Mi veniva da urlare ma non riuscivo ad aprire la bocca. Anche una piccola corrente d’aria mi faceva sdraiare a terra dal dolore. Non ho mai pensato al suicidio. Ma in quei mesi ho capito che cosa succede nella testa di chi, invece, ci pensa eccome”.

E mentre si prepara al prossimo intervento, Gessica non può non pensare a quando Tavares – tra dieci anni se l’ultima condanna dovesse essere confermata – sarà di nuovo libero: “A volte ho paura, altre no, vado a momenti. Forse dovrò tutelarmi in maniera adeguata. Mi dicono che sarà costretto a tornare a Capo Verde. Ma in Italia ha un figlio e sono certa che si inventerà qualsiasi cosa pur di restarci. Il pentimento non c’è stato. E al perdono, per questo, non posso nemmeno lontanamente pensare”.