Che la didattica a distanza corra il rischio di lasciare indietro chi non ha mezzi e possibilità di stare al passo, ce lo diceva qualche giorno fa il maestro ravennate Vijay Bravura. E ora, da una provincia emiliana, arriva la drammatica testimonianza di una mamma. La chiameremo, a tutela delle sue figlie, Stefania.
Da un mese, quando la scuola ha chiuso a causa del Coronavirus, le sue figlie non hanno la possibilità di seguire le lezioni online: “Sono una madre sola, vivo grazie al reddito di cittadinanza che però, per il mese di marzo, ancora non è arrivato. Le mie figlie non hanno telefonini di ultima generazione, né tanto meno io ho la possibilità di garantire che abbiano sempre credito. Loro sono brave, continuano a fare i compiti seguendo le istruzioni del registro elettronico. Ma davvero, la didattica a distanza a loro è negata. E nessuno ci viene incontro”.
Stefania ha provato a segnalare la cosa ai genitori, ai docenti, alla preside ma senza risultato: “Allora ho scritto all’Ufficio scolastico provinciale, dopo che al telefono un’addetta mi aveva detto che sono io a dover andare incontro alla scuola, che sono una bugiarda perché esistono pacchetti telefonici convenienti, che non posso certo pretendere di avere gli insegnanti a domicilio. Nella mail di risposta, mi è stato scritto in modo molto vago e generico che si possono percorrere altre strade in caso di una oggettiva impossibilità di fare partecipare le mie figlie alle videolezioni. Non ho ben chiaro che cosa significhi”.
Di sostegno, Stefania, non ne ha trovato nemmeno tra le famiglie dei compagni delle figlie: “Forse pensano che io voglia un trattamento di favore. Non è così. Semplicemente, a causa di problemi economici gravi, non posso dare alle mie figlie le stesse possibilità che hanno gli altri. Ed essere trattata così fa male, molto male. Intanto, le ragazze continuano a essere penalizzate“.
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