Negli anni in cui i bambini dovrebbero sviluppare le abilità motorie di base, frequentano già scuole calcio e corsi di ginnastica artistica. Ma secondo Andrea Ceciliani, professore del Dipartimento di Scienze per la qualità della vita dell’Università di Bologna, la tendenza andrebbe invertita. Il docente parteciperà sabato 3 ottobre al webinair “Gioco e/è benessere” organizzato in due sessioni (mattina e pomeriggio) dall’Associazione culturale pediatri Romagna e da Diritto al Gioco (qui il programma). Nel suo intervento “Infanzia, gioco e sport: un’invasione di campo” parlerà proprio di come lo sport, oggi, entri in maniera precoce e tecnica nella vita dei bambini: “Non demonizzo lo sport, che considero un’enorme opportunità educativa e di crescita. Io stesso sono stato un atleta di serie A di pallamano e ho allenato squadre di alto livello. Ma la mia generazione non può essere paragonata a quella dei bambini di oggi, che non giocano più per strada, al contrario di noi, che magari facevamo allenamenti molto rigidi ma poi, per il resto della settimana, scorrazzavamo nei cortili”.

Per Ceciliani adesso lo sport è uno dei primi ambienti dove i bambini approdano: “Un po’ viene considerato la terza agenzia educativa dopo la scuola e la famiglia, un po’ si ritiene che essendo un’attività che fa bene, sia bene iniziare presto. Fatto sta che già a tre anni si vedono le bambine a danza e a quattro anni i bambini a calcio. A quell’età, dovrebbero fare altro anche perché in maniera naturale si muovono, senza che sia necessario un istruttore di motoria“. Solo più avanti, a partire dai sei-sette anni come minimo, per il professore i bambini devono entrare in un ambiente sportivo: “Ma qui la sfida è altissima. Noi insistiamo da anni perché si punti al multisport, perché le società facciano ruotare i bambini su più discipline affinché provino, sperimentino e abbiano un approccio per lo più giocoso. A Faenza lo ha provato a fare, per 25 anni, l’associazione ‘Gioca Faenza tanti sport’, esperienza poi conclusa. A Bologna lo sta facendo il Cus. Ma sono pochi e rari esempi”.

Il rischio di iniziare lo sport in maniera seria da piccoli è che da adolescenti si molli: “C’è un tasso di dispersione sportiva molto alto a 14 anni, segno che i ragazzi e le ragazze sono stanchi e non si divertono più. A questo punto quello che diciamo è che siano il Ministero dell’Istruzione e quindi le scuole a prendere in mano questa partita. Altrimenti continueremo ad assistere, sul piano formativo, a un vero e proprio fallimento del sistema”.