“Ho sperato che mio figlio morisse nel sonno”

Ha confessato i demoni che si porta dentro. In maniera anonima ma decisa, scioccante. Voleva condividere il suo stato d’animo con altre persone e, sorprendentemente, qualcuno le ha dato ragione o, almeno, l’ha capita. Resta il fatto che ciò che ha detto è terribile: “Ho sperato che mio figlio più piccolo morisse nel sonno”.

La frase, come spiegano i media internazionali, è apparsa sul social media Reddit. A vergarle è stata una donna, madre di tre figli. Con l’ultimo, evidentemente, più sfortunato degli altri. No, non è malato, non soffre per una patologia che gli complica terribilmente la vita, non è paralizzato o ha lesioni cerebrali: il bambino fisicamente e psichicamente è sanissimo. Il disagio, i problemi e tutto il resto ce li ha proprio la mamma: il piccolo, che ora ha tre anni, non è stato voluto, fin da principio. Tecnicamente è stato un ‘incidente’: la donna ha spiegato che la famiglia aveva già un proprio equilibrio con padre, madre e due figlie. Quando si sono accorti della terza gravidanza, ormai era troppo tardi. Non c’era più tempo per abortire e così la madre è stata costretta a tenerselo. Controvoglia. “E’ terribile quello che vivo – ha raccontato la mamma -. Ho sempre dovuto ringraziare tutti per le congratulazioni, devo fingere di amarlo come gli altri miei figli, ma non è quello che provo”. Anzi: “Per i primi 18 mesi di vita l’ho odiato profondamente”. Al punto da augurargli la morte: “Non voglio essere indelicata nei confronti di chi ha subito la perdita di un figlio – ha specificato -, ma credo sinceramente che se nei primi mesi fosse morto nel sonno sia io che mio marito ci saremo sentiti sollevati”.

Poi ha enunciato la lista dei disagi che il piccolo le ha causato, a casa come sul lavoro. Di conseguenza, mentre le prime due figlie, di 6 e 8 anni, godono dell’affetto e dell’amore incondizionato della madre, il fratello minore, con i suoi bisogni, viene preso in considerazione solo per ‘dovere’, quasi fosse un adempimento burocratico. “Se una delle mie figlie mi chiede di leggere un libro, lo voglio sinceramente. Se me lo chiede lui, dico di sì, ma mi sembra un lavoro”.

Alla fine, sconvolta dai sensi di colpa, la donna si è decisa a chiedere aiuto o, almeno, a chiedere se qualcuno vive o ha vissuto la sua stessa esperienza ed ha provato sentimenti simili: “Mi sento in colpa per quello che provo, vorrei non sentirmi così”, ha specificato. Per tutta risposta, a fronte di una marea di (comprensibili) critiche (la più ‘carina’ è stata: “Fatti curare”), la madre ha ricevuto anche un po’ di solidarietà da parte di persone che si sono trovate in situazioni simili.

Qui l’articolo in lingua originale.

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