Famiglie che viaggiano: “Chi l’ha detto che il family hotel piaccia a tutte?”

Chi ha detto che una famiglia in vacanza voglia per forza lasciare i figli al baby club per riposarsi? Siamo sicuri che i genitori, quando scelgono di viaggiare, siano attratti da tutte le proposte a misura di bambino? Se l’è chiesto Milena Marchioni, blogger bolognese di “Bimbi e viaggi” e autrice dell’omonima guida, che dieci giorni fa ha parlato a un seminario organizzato da Turismhotels, la cooperativa degli albergatori di Bellaria Igea Marina.

Prima di preparare il suo intervento, Milena ha lanciato un sondaggio all’interno del gruppo Facebook da lei fondato “Famiglie Globetrotter”, che in due anni ha raccolto 13mila utenti (altri mille sono in attesa): “Ho chiesto ai genitori che cosa cercano, quando vanno su Internet per decidere una vacanza e una struttura ricettiva. E le risposte che sono arrivate hanno confermato le mie aspetttative. Quello che è emerso è che il family hotel non è troppo amato“.

Milena Marchioni

Ma il concetto è stato lanciato agli addetti del settore in modo un po’ provocatorio: “In realtà, ho tenuto a precisare che dietro l’etichetta di ‘family hotel’ ci sono diverse accezioni. A volte è solo una definizione per avere maggiore attrattiva, altre è un vero e proprio marchio registrato. In altri casi, si tratta di un albergo che mette a disposizione il lettino con le sponde e il menù bimbi: insomma, nessuna animazione, nessun baby club, nessuna baby sitter. In quest’ultima versione, ecco, il family hotel può far comodo un po’ tutti”.

Nel gruppo Facebook di Milena, gli utenti più attivi sono in genere viaggiatori fai-da-te, che amano organizzare i viaggi in autonomia, senza il supporto delle agenzie: “Molte di loro hanno un concetto di vacanza che fa rima anche con tempo da passare insieme ai propri figli, non come momento per affidarli a qualcun altro. In questo senso, ho suggerito agli albergatori di comunicare meglio i propri servizi. Per famiglie che fuggono dal caos e che non amano sbarazzarsi dei bambini per riposarsi e basta, parole come ‘baby club’ possono scatenare il fuggi-fuggi. Ma magari, al suo interno sono previste anche attività genitori-figli. Insomma, chiamare le cose con il loro nome paga”.

 

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