Sveva Melillo: “Mi dicevano di fare la signorina. Ma io volevo combattere”

Quando combatte, Sveva Melillo si sente libera e se stessa. Ventiquattro anni, romana, da qualche tempo a Ravenna, è stata premiata lunedì in Comune per avere battuto la campionessa in carica Saskia D’Effremo per il titolo mondiale ISKA di Muay Thai che si è svolto nella Münchriedhalle di Singen, in Germania.

“Fin da piccola ho provato moltissimi sport – ci racconta – ma perdevo subito l’entusiasmo. Quando mio padre si è avvicinato al Muay Thai, un’arte marziale nata in Thailandia, mi ha spinta a provare. Avevo sedici anni quando gli ho dato retta. Ed è stato amore a prima vista: c’erano le gomitate, le ginocchiate. Fino a quando ho scoperto che si poteva tirare non solo con il piede, non solo con il tallone ma anche con la tibia, la parte più dura”.

Diretta, esuberante e frenetica, come si definisce, Sveva ha capito presto che alcune cose, però, non le andavano giù: “Tutta quella ginnastica e tutta quella fissazione per il peso forma non facevano per me. Io volevo solo combattere. E in Thailandia ho avuto più di una rivelazione: lì c’era la vera Muay Thai, lì si combatteva davvero, senza ricercare solo una performance atletica. Ho scoperto tecniche che non conoscevo e ho capito che dovevo cambiare aria”.

Senza mai perdere la passione, però: “Non avevo mollato nemmeno quando era morta la mia nonna paterna, alla quale ero legatissima. A testa bassa, affrontando a muso duro il dolore, avevo continuato imperterrita ad allenarmi, perché avevo capito di volere accedere al professionismo. E avevo imparato a valorizzarmi, non come quando da bambina me la prendevo se mia madre mi diceva che dovevo essere una signorina educata, che dovevo pensare anche alle buone maniere senza essere sempre così schietta con gli altri”.

In Emilia-Romagna Sveva ha poi conosciuto il suo coach Stefano Naldi, ex pugile e più volte campione italiano di Kick Boxing: “Forse cercavo proprio lui, uno che mi preparasse al combattimento e che non mi obbligasse e fare 3mila addominali al giorno. Prima di incontrarlo mi ero adeguata a cose che non mi corrispondevano. Con lui, invece, ho potuto ricominciare da capo, con un altro spirito e con un’altra testa”.

Oggi, a differenza del periodo in cui Sveva ha iniziato, le donne sono molte di più nell’ambiente delle arti marziali: “C’è chi lo fa per imparare le tecniche di auto-difesa, chi porta i figli, chi si appassiona perché dà carica o perché è grintosa di carattere. Non ci sono solo i pugni e i calci. C’è un fascino che va ben oltre: io voglio continuare a combattere, a stare concentrata come lo sono solo quando gareggio. E se mai mi dovesse capitare di dovermi difendere da un’aggressione, non credo ci sia da star tranquilli”. 

 

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