Irene non è più Irene. O meglio, non lo è mai stata. Fin da piccola, prima per gioco e poi sempre più sul serio, si è fatta chiamare Ireneo (“è esistito anche un santo, sai?”): da qualche anno, invece, il suo nome è Rocco (“lo so che ricorda Rocco Siffredi, non ridere”), anche se non ancora all’anagrafe. Gliel’hanno suggerito i suoi colleghi dell’Opera romana pellegrinaggi, dove ha lavorato fino a qualche tempo fa. Origine pugliese, 29 anni, R. L. ha vissuto per qualche tempo a Ravenna per un master in beni culturali ecclesiastici. Oggi vive nella capitale, dove studia recitazione. Dopo essersi licenziata da guida turistica, ha voluto incontrare il suo ex superiore, un sacerdote del Ghana, che gli ha consigliato di seguire la strada verso la felicità. Per lui corrisponde alla terapia ormonale, che ha intrapreso nel dicembre scorso: “Ogni quindici giorni il mio medico di base mi fa delle iniezioni di testosterone: il tono muscolare è già aumentato, il ciclo mestruale è rallentato, la voce di sta abbassando e il clitoride si è leggermente ingrandito”. La peluria maschile crescerà più avanti, magari quando Rocco avrà già superato il primo intervento chirurgico che ha in programma, la mastectomia che gli asporterà le ghiandole mammarie: “Per diventare un uomo a tutti gli effetti, esistono anche l’isterectomia, che è l’asportazione di utero e ovaie, e la falloplastica che è la creazione del pene. Su quest’ultima non mi sono ancora deciso”. Per ora i piccoli cambiamenti corporei Rocco li sta vivendo con grande naturalezza: “E’ come se stessi attraversando l’adolescenza, nulla di più”.
In fondo Rocco è uomo da sempre, da quando giocava a pallone e indossava solo tute per andare a scuola. Da quando si faceva chiamare al maschile dai coetanei e mostrava i muscoli ai bidelli. Da quando il reggiseno gli dava noia e prendeva le prime cotte per le ragazze. Un periodo per certi versi buio: “Oggi rivedo quella fase come un Medioevo prima dell’Illuminismo. Ma sono stati anni duri: i miei amici mi prendevano in giro e i professori, preoccupati per i miei atteggiamenti, chiamarono i miei genitori”. Non fu facile, per mamma e papà, capire e accettare: “Mia madre mi diceva che ero ridicola, mi ricordava che ero una femmina, mi avvertiva che se avessi continuato così, i miei voti a scuola si sarebbero abbassati”.
Oggi che Rocco è una Ftm (female to male), anche a casa hanno capito: “Un tempo mia madre si colpevolizzava, chiedendosi che cosa aveva sbagliato, insieme a mio padre, con me. Quando ho deciso di intraprendere la terapia mi ha confessato che all’epoca non aveva compreso la portata della mia difficoltà, il fatto che non mi sentissi a mio agio nel mio corpo. Anche mio padre e mio fratello, a loro modo, hanno capito”. Agli Amici Irene-Rocco si è sempre palesato per quello che si sentiva: “Loro hanno preso la notizia del percorso verso il cambiamento di genere con grande entusiasmo”. E la motivazione, a Rocco, l’hanno fatta venire anche i medici del Saifip, il servizio per l’adeguamento tra identità fisica e psichica del San Camillo, dove anche i suoi genitori sono andati per la terapia familiare.
Il sostegno, insomma, Rocco l’ha cercato un po’ ovunque, compreso a Bologna, dove esiste il Movimento Transessuale Italiano (Mit). Ma a volte le dimostrazioni di accettazione arrivano dagli angoli più impensabili: come dalla vicina di casa, la classica signora tutta pettegolezzi, che alla notizia della trasformazione di Irene in Rocco, ha reagito dicendo che anche gli anziani si stanno modernizzando.
Chiaro, la serenità che oggi Rocco esprime è frutto di anni di dolore e inadeguatezza. Soprattutto riguardo il sesso: “C’è stato un periodo, soprattutto quando ero a Ravenna, nel quale ho cercato in tutti i modi di farmi piacere i maschi ma oltre qualche timido approccio non sono riuscita a spingermi. A Roma ho cominciato ad aprirmi e ad esprimere i miei sentimenti nei riguardi delle ragazze. In un paio di casi c’è stata anche una certa corrispondenza. Ma la vergogna per il mio corpo mi ha impedito di vivere in maniera serena la mia intimità”.
Rocco sogna un futuro da attore: “Se dovessi entrare nel mondo dello spettacolo, vorrei lanciare un messaggio anche sulla transessualità. Più se ne parla, più l’accettazione diventa probabile. Seguo l’esempio dell’attrice Vittoria Schisano, che mi ha incoraggiato e mi ha fatto l’in bocca al lupo. Lei, prima, era Giuseppe”.
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