La pacca sulla spalla no, quella non l’ha mai accettata: “Quando ti ammali, guarisci ma sai che di figli non ne potrai avere e ti dicono che puoi sempre pensare all’adozione, davvero pensi che quella persona debba uscire immediatamente dalla stanza e non farsi più vedere”. Ma Maria Costanza Bazzocchi e il marito l’adozione poi la scelsero davvero. Nel 1985 la prima, conclusasi purtroppo con la scomparsa del bambino dopo una malattia degenerativa, seguita da un affido durato dodici anni. E nel 1993 altre due, sorella e fratello haitiani, oggi di 25 e 23 anni.
Elaborare il lutto di non riuscire ad avere figli naturalmente e decidere per l’adozione sono due passi importanti e intensi: che cosa c’è in mezzo?
“Per me il passo decisivo è stato capire che essere madre o padre non significa necessariamente esserlo fisicamente. Ci sono molti genitori biologici che però madri e padri non sono. E capire che adottare è un modo di dare la vita, che al suo interno contiene il rispetto per chi quella vita l’aveva data prima, in maniera naturale”.
I genitori biologici dei suoi figli chi sono, nella sua testa?
“Persone che non giudico. Pochi giorni fa mia figlia ha parlato della sua madre naturale definendola ‘quella là’. Le ho fatto capire che deve portarle rispetto, che le ha dato la vita e che non ci possiamo permettere, né io né lei, di emettere una sentenza. Fare pace con la loro storia, anziché censurarla, è l’aiuto che dobbiamo dare ai nostri figli adottivi”.
Lei, invece, che giudizio si dà come madre?
“Attraverso l’esperienza dell’adozione è passata tutta la mia crescita personale, tutta la mia vita. Adozione significa genitorialità piena, complessa, difficile. Io ho rifuggito sempre gli schemi rigidi: non bisogna farsi mai aspettative precise sul bambino che arriverà, così come non bisogna farsele quando lo si ha nella pancia. I miei figli sono profondamente miei, così come sono fatti, così come sono arrivati. Non è un discorso molto diverso da quello che si potrebbe fare per chi i figli li ha naturalmente”.
Però il vissuto dei bambini adottati è spesso difficile, doloroso e non sempre noto…
“Adottare però significa proprio questo: si adotta tutta la storia del bambino, tutto il suo dolore. Si abbraccia la totalità della situazione. Se per assurdo mi offrissero la possibilità di avere una maternità biologica, guardandomi indietro la rifiuterei. Non cambierei mai i miei figli con quelli che sognavo, in maniera legittima, quando mi sono sposata”.
E’ giusto secondo lei scandagliare così nel profondo le coppie, prima di concedere loro la possibilità di adottare?
“Credo che un percorso di formazione e di verifica della solidità della coppia sia necessario. Così come è giusto sondare se la scelta adottiva è condivisa da entrambe le figure. Sono però convinta che non sempre i decreti che negano l’idoneità siano giusti ed oggettivi. A volte dietro alcune decisioni ci sono criteri personali e soggettivi del giudice”.
Che cosa deve avere un genitore per essere pronto all’adozione?
“Non penso servano capacità psicologiche o pedagogiche. Occorre essere profondamente persone, avere doti umane. Questo è fondamentale per far sì che un estraneo diventi totalmente tuo figlio. Per il resto, è sbagliato farsi un’immagine troppo sentimentale dell’adozione”.
Nel suo caso quando ha sentito di essere davvero la mamma dei suoi figli?
“Potrei dire da subito, dalla telefonata che annunciò che io e mio marito eravamo stati abbinati proprio a quei bambini. La paragono ad un’attesa, come una gravidanza. Se mi avessero richiamata qualche giorno dopo per dirmi che i bambini a me assegnati non sarebbero più stati quelli, probabilmente l’avrei vissuta come un’interruzione di gravidanza. Dopo un aborto spontaneo un medico può anche dire alla donna che non si deve demoralizzare, che potrà riprovare dopo tre mesi. Ma non è la stessa cosa”.
E i suoi figli, quando si sono sentiti davvero figli suoi?
“Forse sempre. Tu quella genitorialità la scegli ogni mattina. La loro appartenenza a te cambia volto e spessore ogni giorno. Arriva il momento in cui tutti i figli adottivi paiono rinnegare i genitori, anche io mi sono sentita dire frasi come ‘tu non sei mia madre’. Ma non credo sia un rifiuto quanto piuttosto una sfida: ti mettono alla prova per sondare fino a che punto resisti, se su di te possono contare, se rimani la loro mamma anche se loro disattendono le tue aspettative”.
All’interno dell’associazione Famiglie per l’Accoglienza, di cui lei fa parte, ha visto una miriade di casi di adozione. Qual è il consiglio più spassionato che sente di dare a chi vuole intraprendere questo percorso?
“Che a volte ci sono ferite che nessuno può sanare, il limite è dentro di noi. Ma non ci sono standard da raggiungere, solo bambini con molte povertà ai quali affiancarsi con dedizione. Al di là dell’ottenimento di un risultato”.
Questa sera alle 20,45 all’Asp di via Aquileia 3 a Ravenna la neuropsichiatra Adele Tellarini terrà l’incontro “Quando le ansie e le preoccupazioni sovrastano in noi genitori la fiducia”. Il 9 maggio alla stessa ora gli operatori sociali e di distretto parleranno dell’accoglienza dei bambini adottati. Gli incontri sono organizzati dai Centri per le famiglie di Ravenna e Faenza e dall’associazione Famiglie per l’accoglienza.
In questo articolo ci sono 2 commenti
Commenti:
una bella testimonianza e direi veritiera…lo dico da figlia adottiva ormai cresciuta: ho 40 anni e oggi più che mai, oggi che anch’io sono madre, dico grazie ai miei genitori adottivi, a mio padre che 38 anni fa, per caso, ha deciso di intraprendere, insieme a mia madre, questo “viaggio” per portarmi a casa!
Ciao, io sono una madre con quasi la tua stessa età , 3 anni fa ormai quando mio figlio aveva 2 anni l’assistenza sociale mi ha strappato via mio figlio e io lotto ancora per mio figlio e non c’è giorno in cui io nn pensi a lui.con questo voglio dirti che i figlio adottati nn sono sempre abbandonati ma come nel caso mio vengono portarti via senza che le madri sappino dove sono .quindi ti consiglio vivamente di continuare a cercare i tuoi genitori,perchè sicuramente anche loro ti cercheranno.
Commenta