Una mano nell’impastatrice, una gambina tranciata da una giostra: quanti bimbi al Centro Iperbarico

Mille e cinquecento pazienti l’anno, 50mila prestazioni, 70 collaboratori. Ma soprattutto, quei 46 bambini che da tutta Italia arrivano al Centro Iperbarico di Ravenna per i motivi più svariati, spesso anche molto ma molto gravi. Come la piccola che rischiava di perdere una gamba dopo che in un parco divertimenti un trenino, all’arrivo, gliel’aveva letteralmente tranciata. O quelli che il direttore sanitario Pasquale Longobardi ama chiamare “i nostri bambini speciali”, nati con una carenza di ossigeno che ne ha compromesso alcune funzioni, per esempio a causa di un parto difficile oppure con malattie genetiche dove c’è un’alterazione del funzionamento del mitocondrio. Il principio è semplice: “Mi piace fare l’esempio della corrente elettrica: se non passa, l’interruttore si spegne. Idem per l’ossigeno che deve nutrire le nostre cellule: con le nostre terapie, cerchiamo di farlo ripartire”.

I casi sono i più disparati: si va dalla malattia di Kienbock, che vede i polsi di alcuni ragazzini usurati, alle fratture esposte, fino alle sordità improvvise. Anche Valentino Rossi e Michael Doohan sono guariti all’Iperbarico di Ravenna: il secondo, motociclista della classe 500, ha evitato addirittura l’amputazione della gamba che sembrava ormai destino certo dopo un incidente in Olanda.

pasquale longobardi
Il direttore sanitario del Centro Iperbarico di Ravenna Pasquale Longobardi

E c’è anche tutta la branca degli incidenti all’apparenza più banali: “Abbiamo trattato un bimbo che aveva messo una mano nell’impastatrice della panetteria dei genitori, un altro che l’aveva infilata nel tritacarne, nella macelleria di famiglia. Ricordo anche il caso di un piccolo che aveva attraversato la strada in bicicletta mentre passava un camion e che aveva avuto il distacco della coscia. E quello di un ragazzino che, giocando a calcio, era finito sul filo spinato e lo scroto gli era andato in necrosi. Bimbi che hanno rischiato di perdere un arto e ai quali invece, grazie alla camera iperbarica, abbiamo evitato il peggio”. Ma come si fa? “Con l’intervento chirurgico – spiega Longobardi – puoi attaccare le ossa e i vasi sanguigni ma la zona maciullata s’infetta: con l’iperbarico, l’andiamo a ricostruire”.

Storie che rimangono impresse anche negli stessi medici: “Ricordo una donna, qualche anno fa, arrivata troppo tardi. Aveva partorito da poco, si era depilata e le era partita un’infezione pazzesca. Colpa di quello che in gergo viene chiamato virus killer o batterio mangiacarne. L’organismo, dopo un evento come il parto, è debole e basta poco per renderlo attaccabile. Purtroppo la donna è arrivata qui quando non c’era più nulla da fare. Me la ricorderò per sempre”.

Ma c’è anche un’associazione positiva tra gravidanza e camera iperbarica. Tra la 33esima e la 35esima settimana di gestazione, quando la placenta invecchia ma il cervello del bambino sta ultimando il suo sviluppo, entrare nella camera ossigena aumenterebbe il quoziente intellettivo del bambino: “Quando la mamma è dentro, il bambino inizia a muoversi moltissimo. Finora abbiamo avuto 20 bambini iperbarici. Lo consigliamo anche alle donne alle quali i medici diagnosticano un ritardo di crescita inter-uterino: con poche sedute il flusso nell’arteria ombelicale aumenta e migliora il diametro della teca cranica. Idem per chi ha due gemelli nella pancia, per chi ha un feto sofferente, per chi soffre di gestosi”.

Chissà se i bambini che hanno fatto un viaggio iperbarico prima di nascere si appassioneranno, da grandi, di subacquea, una delle branche del lavoro del Centro di Ravenna: “Dai nove anni in su è una bella esperienza sia dal punto di vista educativo che emotivo: s’impara a controllare i propri impulsi, si impara a pensare prima di agire”. E sul pensiero, Longobardi è parecchio attento: “Uno dei nostri percorsi è quello neurologico: ai bambini con problemi di questo tipo vengono proposti prima l’Eum, un tappeto che vibrando rende i muscoli meno contratti, poi la riabilitazione in acqua e la logopedia, sia qui che in strutture gemellate sotto il nostro coordinamento. Poi entrano in camera iperbarica, dopo la quale osteopati e fisioterapisti intervengono per rivitalizzare i centri morti. I risultati sono incoraggianti: dalla risonanza magnetica di vede che aumenta la profusione nel cervello. Le maestre di sostegno dei bambini seguiti dalla neuropsichiatria registrano miglioramenti nella capacità di attenzione e autonomia”.

Centro Iperbarico Ravenna
Lo staff del Centro Iperbarico

Come Nicolò. Sette anni: “All’inizio dell’anno scolastico gli davi una macchinina e la scaraventava via. Ora ci gioca, la mette sulla pista”. Che sia merito di quel ripristino del passaggio di corrente? “Io credo proprio di sì”.

www.iperbaricoravenna.it
www.iperbaricoravennablog.it è il blog del Centro iperbarico con le storie a lieto fine dei pazienti

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