Riconquistare la strada, lasciare dei segni per ricordare agli altri che da lì sono passati dei bambini. Come una volta si disegnava il gioco della settimana sull’asfalto con i gessetti, anche oggi i piccoli dovrebbero avere la possibilità di impossessarsi degli spazi urbani. Lo pensa Renzo Laporta, animatore e convinto sostenitore della cultura ludica partecipata. A Ravenna lo trovate alla Lucertola, in Darsena a organizzare laboratori e in tutte quelle situazioni in cui la parola bambino faccia rima con esperienza corporea del mondo. Renzo è anche nel team di lavoro Geniali da Piccoli che ha fatto propri i temi della riconquista degli spazi pubblici da parte dei bambini, della costruzione dei giocattoli, dell’importanza del parere dei più piccoli nella progettazione delle città.
Renzo, quanto sono sensibili le istituzioni alle tematiche che portate avanti?
“Le istituzioni le conoscono bene. Oltre quindici anni fa Roberto Papetti portò a Ravenna nomi come Franco La Cecla e Francesco Tonucci collegati a loro volta ad associazioni come il Wwf, Legambiente e La città possibile. Allora c’era anche una legge, la 184, che facilitava progetti legati alla promozione del gioco in città e alla partecipazione dei bambini. Oggi, dietro l’ambiguità della crisi, si nasconde una limitata azione in materia. Non ci si rende conto che i benefici, in termini di qualità della vita, ricadrebbero su tutti noi, non solo sui bambini”.
Ci sono luoghi di Ravenna sui quali avete le antenne particolarmente dritte?
“In generale le piazze e tutti gli spazi residenziali. Ma la Darsena è uno spazio molto interessante. L’estate scorsa abbiamo dato dei carretti di legno ai bambini e abbiamo fatto un giro intorno al Candiano. Le ruote segnano la strada, il rumore al passaggio dei bambini è fortissimo. E’ quello che intendiamo per riconquista della città”.
E i genitori, in tutto questo, che ruolo hanno?
“Oggi si parla molto di coinvolgere i genitori nelle attività dei bambini. Ma a volte è solo uno slogan. Gli adulti non hanno mai giocato così tanto quanto oggi, soprattutto con i figli unici. In passato non succedeva. Il vero tema è qualificare quella relazione, quel tempo passato insieme. Senza dimenticare che le nuove generazioni hanno un bisogno estremo di passare del tempo con i coetanei, decidendo come, quando, dove e cosa fare senza la supervisione dei grandi” ”.
E il ruolo della tecnologia, per voi che parlate di recupero di valori persi, come lo vedete?
“Il problema è che oggi i bambini vivono in un ambiente che li priva delle esperienze concrete, corporee. E la tecnologia, che è onnipresente e pervasiva, offre loro solo la modalità percettiva della visione. Ma il mezzo multimediale non è il mondo. Credo che almeno fino agli otto anni i bambini andrebbero tenuti lontani da schermi e mouse”.
E la scuola, quindi, non dovrebbe attrezzarsi in senso tecnologico?
“Sono dell’idea che la scuola, quasi per definizione, sia sempre in ritardo rispetto alle innovazioni. Se oggi porto una Lim (lavagna interattiva multimediale, ndr) in una classe, è probabile che sia già vecchia. Ecco perché credo che questo apparente svantaggio sia in realtà una risorsa, un punto a favore. Come diceva Neil Postman, la scuola dev’essere il luogo del contropotere, dove i bambini fanno esperienze concrete prima di arrivare ad una concettualizzazione”.
State lavorando a progetti specifici, per diffondere le vostre idee?
“Sì, stiamo organizzando un momento istituzionale e celebrativo della Giornata mondiale del gioco, che cade il 28 maggio. Ci stiamo muovendo con diversi soggetti, tra cui un gruppo molto attivo di genitori, per promuovere l’opportunità di giocare nelle strade e nelle piazze. La vera sfida è coinvolgere gli enti locali in modo che questo evento venga ripetuto poi ogni anno”.
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Commenti:
ho letto con sincero interesse…
conosco la passione che mette il mio amico Renzo nel diffondere una cultura partecipata e orizzontale del gioco che consideri e rispetti i piccoli, i bambini, come individui “autonomi” capasci di scelte consapevoli sempre…
la sinergia di cui qui si accenna tra istituzioni, associazioni e famiglie, in uno al concetto di qualificazione del tempo ludico condiviso tra genitori e prole sono aspetti topici essenziali e di prospettiva…
reiterare questi momenti in un processo di affinamento e ricerca costante é utile e importante…
un bambino che “sa” giocare é un bambino protagonista e libero nel rispetto di regole…
un bambino che diverrà un adulto cittadino consapevole del suo ruolo nella società…
che non inibirà il piacere dalla sua vita…
che orienterà la sua vita alla costruzione di una società migliore…
l’accenno all’assunto di Neil Postman – “la scuola dev’essere il luogo del contropotere, dove i bambini fanno esperienze concrete prima di arrivare ad una concettualizzazione” – svela tutta la pregnanza “catartica” del momento formativo scolare e il suo potenziale risolutivo del sistema…
tutta la mia gratitudine per il lavoro sin qui svolto in uno al mio augurio verso traguardi ancora più alti…
Pietro
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