Se d’estate passate dalle spiagge di Misano, potreste incontrarlo. Dopo tanto freddo, un po’ di sole sulla riviera adriatica ci vuole proprio. Stefano Dell’Orto, una vacanza nel suo Paese, con la sua famiglia se la concede ogni anno. Milanese d’origine, ingegnere, 42 anni, manager alla Vattenfall (l’Enel svedese), dopo la laurea e il militare ha lavorato in Svezia, Canada, Francia e poi ha scelto la Svezia per stabilirsi: “Mi sono trasferito per il semplice fatto che io avevo finito gli studi mentre la mia ragazza, che oggi è mia moglie, aveva ancora un anno prima della laurea in ingegneria”. Stefano e Anette hanno due bambine: Eleonora di sette anni e Sofia di tre. Con tanto di cappello al welfare scandinavo, Stefano è rimasto a casa in congedo parentale poco più di due mesi con la primogenita (a partire dai suoi 14 mesi) e quattro e mezzo con la seconda (dai dieci). Da quell’esperienza è nato il blog http://www.congedoparentale.blogspot.it/, un modo di raccontare a parenti e amici in Italia come passava le giornate tra pannolini, pappe, giochi e ciucci. E che oggi si è trasformato in un diario di bordo sulla paternità in generale.
Stefano, se dovessi fare un bilancio della tua vita da “casalingo”, che voto le daresti?
“Considero un privilegio il poter aver speso così tanto tempo a stretto contatto con le mie bimbe. Per chi fa parte di una coppia in cui entrambi sono in carriera è anche un modo per capire quanto ci sia da fare ogni giorno. Un voto? Dieci”.
Tu e tua moglie come siete arrivati alla decisione che del congedo parentale ne avresti usufruito tu?
“Qui in Svezia è la norma. Due mesi sono fra l’altro riservati al padre e se non usufruiti vanno persi. Va poi detto che due mesi sono riservati alla mamma e gli altri dodici sono divisibili. I mesi riservati non sono obbligatori. Durante questo periodo lo Stato garantisce l’80% dello stipendio fino a circa 4mila euro euro al mese. Le aziende poi compensano sino al 90-100% dello stipendio nominale”.
Ti sei mai chiesto come sarebbe stata la tua vita di papà in Italia o, per lo meno, ti capita di fare confronti con le situazioni di amici o parenti che sono rimasti qua?
“Ci penso qualche volta ma è un confronto ingiusto. Qui la prima campagna per i papà a casa è del 1974. E nel 1974 solo il 2,5% dei papà in Svezia prendeva il congedo parentale, ora siamo sopra il 70%”.
Che cosa potrebbe insegnare la Svezia all’Italia in materia di conciliazione lavoro-famiglia?
“È un discorso ampio che oltre alla parità include non solo la possibilità, ma l’incentivazione di part-time, di telelavoro, di orari flessibili, e anche la presenza di infrastrutture come asili e scuole con orari e periodi di apertura pensati per la famiglia. Qui da noi gli asili ed elementari fanno sono aperti dalle 6,30 fino alle 17,30 o alle 18 e sono aperti tutto l’anno, anche d’estate”.