Asili aziendali, che miraggio. Sebbene qualche esempio si intraveda anche in Romagna (a Ravenna il nido “interno” ce l’hanno la questura e l’ospedale privato Domus Nova, per fare qualche esempio), siamo ben lontani da un modello diffuso. Eppure aprire un asilo nido per i figli dei dipendenti conviene, così come conviene garantire a chi lavora in azienda un’assistenza per i genitori anziani o la possibilità di fare acquisti a prezzi scontati. Fa bene, sì, al business dell’impresa. Si chiama welfare sussidiario ed è quella serie di servizi che una società offre ai suoi collaboratori per colmare i vuoti dello Stato o degli enti locali. Nulla di “buonista”, pare, quanto piuttosto una strategia per essere più competitivi e far fruttare meglio gli investimenti.
Questo emerge dalla ricerca della McKinsey per Valore D, l’associazione di grandi imprese italiane creata per sostenere le posizioni di leadership femminile nel mondo del lavoro. Una ricerca che dà per scontato come il vecchio modello familiare al quale delegare cure e assistenze non esista più. I motivi? Molto semplice: la vita media di dilata, la pensione è sempre più avanti e la rete di sostegno familiare (i famosi nonni, in primis) è sempre più impossibile da costruire.
La presenza di un asilo nido interno consente alla mamma di tornare al lavoro 1,6 mesi prima della media, generando un minore costo di 1.200 euro. Ed è solo un esempio. “A volte – conclude la ricerca – adeguare un piano di welfare non comporta per l’azienda spendere di più, ma spendere meglio”.
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