La caffettiera è una strega, il frigorifero è un lupo: le Pu-Pazze, il duo femminile dove la fantasia non manca

Sono mamme, hanno fatto esperienze lavorative in campo educativo e oggi hanno unito le loro passioni in un lavoro. Sono Elena Leria Jiménez, di Madrid e Francesca Nanni, di Rimini meglio conosciute come Le Pu-Pazze: un nome, un programma.
Burattinai e cantastorie si nasce o si diventa?
“Noi abbiamo frequentato la scuola per diventare burattinai di ‘Arrivano dal mare’ nel 2005 e poi ci siamo buttate, perché entrambe siamo appassionate di fiabe. Già allora lavoravamo insieme in un Centro ricreativo per l’infanzia e lì ci dilettavamo a raccontare storie, semplicemente leggendo un libro o animando pupazzi spesso costruiti con i bambini, che diventavano così aiutanti e poi spettatori delle nostre storie. Il loro entusiasmo poi ci ha spinto ad andare avanti e a proporci al di fuori di quella struttura. Cosi sono nate le collaborazioni con le scuole, le biblioteche, le ludoteche, le librerie, i musei”.
Come avete fatto ad accorgervi che insieme avreste funzionato?
“Le nostre idee e i nostri pensieri erano vicini così come l’entusiasmo del lavoro con i bambini. Ogni giorno organizzavamo laboratori creativi, anche impegnativi, dove il bambino aveva la possibilità di sperimentare, giocare, ascoltare, manipolare. Nel confronto abbiamo capito che vediamo le cose con gli stessi occhi. Entrambe siamo creative e originali, ci piace proporre idee nuove e sperimentali e ogni storia e laboratorio ha la sua caratteristica e il suo materiale”.
Elena e Francesca: come sono nella vita e come sono quando animano una storia?
“Siamo molto naturali e semplici, siamo Pu-Pazze anche un po’ pazze, come dice la parola. Siamo anche mamme e con i nostri figli cerchiamo di capire cosa può essere più interessante e stimolante da proporre. Quando raccontiamo storie c’è molta spontaneità ma non improvvisazione, perché scriviamo i copioni e proviamo diverse volte. Spesso, poi, quando siamo davanti ai bambini alcune battute nascono lì per lì e se una di noi si dimentica qualcosa, l’altra è pronta a rimediare e spesso nasce con il nostro pubblico un gioco di battute e di confronto. Non siamo attrici e non recitiamo a teatro, ci piace raccontare davanti ad un pubblico molto vicino a noi, dove si crea poca distanza e dove i nostri pupazzi e personaggi siano ben visibili dai bambini”.
Qual è la storia per bambini preferita dell’una e dell’altra?
“Ogni storia si caratterizza per qualcosa: abbiamo storie di animali animate con personaggi di cartone, abbiamo storie del mare animate con pesci calzini, storie in inglese raccontate con i vestiti e gli accessori sopra un’asse da stiro, storie della natura con gli elementi del giardino, storie mostruose animate con le ombre, storie del cielo animate con la magica lavagna luminosa e poi le fiabe classiche raccontate e animate con gli utensili della cucina. Forse la storia preferita di tutte due è “Storie scadute”: si tratta delle fiabe classiche animate con gli oggetti della cucina, una caffettiera che diventa la brutta e perfida strega, la teiera Biancaneve, un frigo vecchi anni 50 che diventa un lupo. Gli oggetti che prendono vita ci affascinano molto, è il gioco simbolico dei bambini piccoli, che fanno diventare ciò che hanno nelle mani quello che desiderano diventi in quel momento. Ci sembra un bel lavoro di immaginazione e di stimolo per la fantasia”.
Avete dei progetti “in grande”?
“Ci piacerebbe aprire un laboratorio attivo, un punto di incontro e di confronto tra educatrici e genitori, un luogo dove poter sperimentare, giocare, raccontare per i bambini, oppure una struttura che si muove su ruote, che gira e contiene giochi e storie: Gli investimenti però ci frenano un po’. Vorremmo anche lanciarci in uno spettacolo più teatrale, con un formato un po’ più grande, per quanto ci piaccia lavorare vicino al nostro pubblico”.
Che cosa c’è di “romagnolo” e di “spagnolo” nel vostro modo di lavorare e proporvi?
“Diciamo che c’è un 50% di spagnolo e un 50% di romagnolo. A volte i bambini guardano Elena e dicono: ‘Ma parla strano!’. È impossibile tralasciare quello che siamo”.
Qual è il commento più bello o particolare che avete ricevuto?
“È successo poco tempo fa. Dopo che avevamo finito uno spettacolo una bambina è rimasta lì a guardarci mentre sistemavamo, anche se tutti erano andati via: con gli occhi lucidi si è avvicinata a noi e molto emozionata, ci ha abbracciate e ci ha dato un bacio, ringraziandoci. Ci siamo molto commosse”.

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