“Mamma, tu di lavoro arresti le maestre cattive”: la storia di Ilaria, oggi a Ravenna per il caso Conselice

Un figlio maltrattato all’asilo scatena dolori inenarrabili. Ma anche una voglia di lottare che mai. Almeno nel caso di Ilaria Maggi, mamma di uno dei quindici piccoli che subirono le violenze più pesanti al nido Cip Cip di Pistoia. E che dallo strazio di quell’esperienza, ha creato “La via dei colori”, un’associazione che si dedica all’assistenza psicologica e legale alle famiglie che si trovano a vivere un’esperienza come la sua. Ilaria in queste ore sta viaggiando verso Ravenna, dove oggi si discuterà l’esito delle perizie effettuate sui alcuni dei bambini maltratti al nido Mazzanti di Conselice: un caso esploso nel gennaio 2011 e dove, a subire i maltrattamenti fisici, sono stati una cinquantina di bimbi.
Ilaria, che cosa si aspetta dal processo?
“Mi aspetto il cambio di imputazione per le due imputate. La legge stabilisce che ci sia un aggravamento della pena nel caso che i danni subiti siano stati superiori a quaranta giorni: questo riconoscimento sposterebbe la pena da 1-3 anni a 4-8 anni. A Conselice le violenze andavano avanti dal 2006. Per un mese la Polizia ha installato nella struttura una telecamera e una delle dade ha fatto da tramite, riferendo ogni sera alle forze dell’ordine quello che aveva visto”.
Sono i legali della vostra associazione, quindi, a seguire la vicenda di Conselice?
“Per due famiglie sì. Ma non sono a Ravenna per questo motivo. Alcune mamme, dopo che il caso è venuto fuori, mi hanno contattata per chiedere sostegno e consigli. E da lì è nata un’amicizia. Io sono qui per far sentire il mio supporto. Però sono contenta che anche grazie ai nostri avvocati, siamo riusciti ad avere tre perizie secondo me decisive: sono risultati sintomi simili a quelli mostrati dai bambini nel post-guerra”.
Anche i genitori di Conselice hanno creato un’associazione che si chiama Genitori a scuola Conselice: in che rapporti siete?
“Si occupano d’altro rispetto a noi. Loro intervengono concretamente sul territorio, facendo opere per l’asilo. Noi invece ci dedichiamo alla prevenzione e alla cura dei maltrattamenti, seguendo le famiglie in tutto il percorso, dai primi dubbi fino alla fine del processo. Tra noi c’è collaborazione: sono stata invitata anche alla loro associazione, è stato un grande orgoglio”.
Quanti casi avete seguito, fino ad oggi?
“Barletta, Conselice e il Cip Ciop nei vari processi. Stiamo seguendo anche altre vicende ancora in fase di indagine. Siamo giovani e non è ancora automatico che passi il messaggio secondo il quale le famiglie si possono affidare a noi a 360 gradi. Vorremmo arrivare a dare l’assistenza legale gratuita ma al momento non è ancora possibile: la consulenza lo è, il resto non ancora. Siamo a caccia di fondi”.
I genitori fanno fatica a denunciare?
“Spesso sì, per questo noi li accompagniamo fisicamente in questura a depositare le querele. Un conto è che una mamma accorata, presa dal panico, si presenti da sola, magari senza troppi dettagli né testimoni. Un altro conto è che vada con un legale”.
Il punto di partenza del dubbio è sempre un comportamento del bambino, un suo sintomo?
“Purtroppo non sempre. Sono io la prima ad averlo provato. Ho saputo dei maltrattamenti subiti da mio figlio e dai suoi compagni solo dopo l’arresto della maestra. A ripensarci, qualche dubbio lo avevo avuto: il mio bambino, che allora non aveva ancora tre anni, si svegliava la notte, di giorno era agitato. Ma al nido voleva andare. Dal nido non voleva uscire. E dopo tre mesi dall’arresto della maestra, ancora mi chiedeva di poter andare da lei”.
Crede che bisognerebbe allarmarsi prima?
“Ci piacerebbe aiutare i genitori a capire i segnali da considerare, che sono comunque molto difficili da identificare. Vorremmo che i genitori denunciassero di più: basta pensare che a Pistoia la prima spalla lussata risale al 1998. A volte le famiglie preferiscono ritirare il figlio dall’asilo, senza fare altro. Un altro dei nostri obiettivi è far sì che sempre meno genitori si arrendano lungo il percorso. La nostra associazione è nata così, da un gruppo di mamme e papà che si spalleggiava a vicenda. Ancora oggi lo facciamo: un giorno mollo io e mi consola un altro e viceversa”.
Pensi che i maltrattamenti nelle strutture educative ci siano sempre stati o siano invece in aumento?
“Ci sono dei fattori concomitanti. Sono certa che queste cose succedessero anche in passato, mi è capitato che mi fermassero dei ragazzi di trenta-trentacinque anni per raccontarmi che anche loro, da piccoli, avevano subito cose simili. Ma la crisi, lo stress e anche le pene poco severe date finora, hanno contribuito a incentivare il fenomeno. La maestra del Cip Ciop è stata la prima ad essere condannata a 6 anni e 4 mesi ma in passato, anche in presenza di teste di bambini infilate nei gabinetti, abbiamo visto condanne a dieci-undici mesi”.
I media in tutto questo hanno un ruolo positivo o negativo?
“Io credo che l’attenzione crescente dei media abbia risvegliato le coscienze, divulgando quali sono i campanelli d’allarme da tenere in considerazione. Credo anche che chi lavora per le forze dell’ordine oggi sia un po’ più sensibile all’argomento, anche se ho saputo di madri giudicate apprensive e liquidate in breve tempo”.
Non c’è il pericolo che tutta questa attenzione scateni nelle famiglie paure infondate su fatti inesistenti?
“Mi fanno più paura quei genitori che dicono di non voler vedere i video perché ai loro figli non può essere successo o perché al massimo possono avere assistito alle violenze, senza subirle. Per alcuni psicologi è peggio vedere che subire perché non ti mette al centro dell’attenzione, ti lascia in disparte”.
Come fa una mamma a riprendersi, dopo una vicenda così?
“Mi è stata fatta la stessa domanda da una mamma di Conselice, che si chiedeva come avessi fatto a non ammazzarmi. Non lo so, ma se sono qui è perché ci si può riprendere. Nella sfortuna, ho trovato professionisti capaci che non mi hanno raccontato barzellette. E un gruppo di genitori, intorno, che hanno fatto del loro dolore una forza”.
Che cosa prova, oggi?
“Molta rabbia. E ho nella testa un perché grosso come una casa, che è il nodo più difficile da sciogliere. Nel male, le maestre di mio figlio hanno contribuito a far sì che avessimo i mezzi per sconfiggere tutte le altre. Ora abbiamo gli occhi aperti su tutte, non ci fermiamo: le troviamo e le mettiamo in galera”.
Come sta suo figlio?
“Ha sei anni e sa benissimo che cosa stiamo facendo per evitare che risucceda quello che è capitato a lui. Stamattina in televisione parlavano di lavoro. Lui si è girato verso di me e ha detto che io ho tre lavori: sto al computer, faccio gli orecchini e metto in galera le maestre cattive. Ha detto che sbagliano a non parlarne in televisione, perché io difendo i bambini”.

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Commenti:

  1. Si..sono la mamma di Sara la piccola che ha subito tutte quelle violenze che ci sono state All’asilo di Conselice ,se non ci fosse stata Ilaria Maggi in quei giorni di sconforto,quando non riuscivo neanche ha leggere gli articoli dei giornali e tutto per me era nero.Lei mi ha aiutata dicendomi che non ero sola ha combattere e in me è scattato qualcosa in noi è scattato qualcosa perché io a mio marito in quei giorni decidemmo chiaramente cosa dovevamo fare. Io mio marito e mia figlia ora non viviamo piu’ in Italia ma andiamo avanti e lotteremo fino alla morte mia figlia ha cicatrici profonde .Ma come dice Ilaria guaiachimolla!!!!!!!!!! GRAZIE ILARIA………….mamma e Sara.

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