Cercare la mamma sul web: quando i figli adottati vogliono conoscere le proprie origini

I bambini adottati hanno sete di conoscere le proprie origini, di sapere chi li ha messi al mondo? Sì, stando ad una indagine esplorativa di Bianca Bertetti, docente di Psicologia del ciclo di vita all’Università Cattolica di Brescia che ha indagato gli annunci diffusi via web da figli adottivi che tramite siti e forum specifici cercano informazioni sui propri genitori biologici.

I ragazzi in questione a volte cercano la famiglia d’origine al completo, altre solo la madre o il padre oppure i fratelli e le sorelle. Con quale stato d’animo, mossi da quale sentimento? Freddezza, rabbia, dolore: c’è davvero un po’ di tutto.

Ma non è semplice, la loro ricerca. Ci sono casi in cui la cui madre naturale non ha consentito di essere nominata. La legge italiana consente l’anonimato dei genitori, anche se molti figli adottivi la criticano, sentendosi violati nel diritto di conoscere la propria storia.

C’è tanto dolore quando gli adottati hanno subito maltrattamenti e abusi o sono stati abbandonati in maniera traumatica. O, ancora, quando c’è stato un allontanamento stabilito dai tribunali, anche se in presenza di gravi problematiche familiari. Il senso di ingiustizia traspare da molti annunci, così come viene registrata una sorta di idealizzazione dei genitori naturali. Sensazione che spesso fa rima con un sentimento di essere stati traditi provato nei confronti dei genitori adottivi.

Secondo la ricercatrice, però, è proprio qui, la chiave di volta, all’interno della famiglia adottiva, che dovrebbe sostenere il desiderio di ricerca delle origini dei figli, per evitare confusione e solitudine, e superare i traumi.

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Commenti:

  1. Alegria”
    Lipsia, 1992.
    In sala parto tutto era già pronto, mentre un brivido di paura percorreva la schiena della giovane partoriente, Margot.
    Aveva uno sguardo cupo, perso nel vuoto ma non per le doglie. Qualcosa le impediva di prender pace dentro di sé, mentre le lacrime iniziavano silenziose a scorrere da quel dolce viso.
    Quello di Margot … era un viso pallido come la neve, delicato come un petalo di fiore, poetico come la penna di uno scrittore, disegnato come il contorno maestoso d’un falco che elegante s’alza in volo.
    I suoi capelli lunghi e neri come l’ebano, leggeri le scivolavano sul seno … Di colpo un fremito le increspò le labbra.
    Era tempo di dare alla luce una figlia che mai più avrebbe rivisto.
    Sola ed in cerca di una felicità rubata, strinse più forte che poté la mano di uno dei medici che la stava assistendo.
    Quando il travaglio ebbe inizio, il dolore fisico scomparve dal suo esile corpo … Ma ciò che le faceva digrignare i denti dalla disperazione, erano lancinanti fitte nel petto che strazianti le spezzavano il respiro.
    Scorsa anche la terza ora di travaglio cominciò a pregare … Pregava alla vita!
    Una vita fatta soltanto di emozioni, di sorrisi e di lacrime di gioia … Sperava in un mondo diverso da quello che lei aveva vissuto, implorava il cielo perché il futuro di sua figlia potesse soltanto darle il meglio.
    Il suo non era un parto come tanti altri.
    Nella sala parto ciò che squarciava quell’amaro silenzio erano soltanto le voci dei medici e poi … finalmente il pianto neonatale.
    Il medico asciugandosi il sudore dalla fronte chiese a Margot:
    -Signorina… è nata! Vuole vederla?-
    Girando il viso dall’altra parte, Margot fece cenno di no.
    Quel “no”, subdola negazione in bilico tra il filo dell’incerto e di un insostenibile realtà, divenne il conto da pagare senza sconti per la piccola Gea.
    Gea, dal greco Terra… era questo il nome con cui Margot avrebbe chiamato sua figlia se mai le fosse rimasta accanto.
    Qualche ora dopo arrivò la madre di Margot, una signora di 50 anni dallo sguardo austero, la camminata sicura e il gusto per un classico look londinese.
    Al collo sfoggiava un collier di diamanti, mentre i polsi erano contornati da sfarzosi bracciali d’oro bianco.
    Karol, carezzando la testa di Margot le si siede accanto.
    -Bambina mia, hai fatto la cosa giusta!-
    -Ho fatto soltanto ciò che tu mi hai obbligato di fare.
    -Adesso basta Margot. Non fai altro che ostinarti per un qualcosa di cui invece dovresti solo andarne fiera. Tante altre madri hanno fatto fare ai loro figli una fine molto spiacevole rispetto alla scelta che io ho voluto prendere per te. Lei andrà in un orfanotrofio dove ben presto troverà una famiglia che a differenza tua potrà prendersene cura. Hai solo diciassette anni per poterti occupare di un neonato! Avresti dovuto pensarci prima …. Ma di questo ne riparleremo a casa-
    -Mamma!! Mi avevi detto che se ne sarebbero presi cura gli zii, che non l’avresti mai portata così lontano da me … Mia figlia non andrà mai in un orfanotrofio!!
    -Non è mai stata tua figlia e non lo sarà mai. Mettitelo bene in testa.
    Così dicendo Karol esce dalla stanza ospedaliera.
    Margot con un gesto improvviso si stacca l’ago della sua flebo dal braccio.. Per lo strappo violento il sangue le inizia a zampillare. Ma incurante di questo, rapidamente prepara la sua valigia.
    Attrice di ieri e dei suoi pensieri è già lontana la ragazza dai capelli color ebano.
    È lontana dal tempo, dai suoi errori, lontana da una notte d’amore … Correndo trascina dietro di sé il sapore dei suoi anni e delle sue paure, la voglia di urlare e di sognare ancora.

  2. Ore 10,35 se vuoi conoscermi contatta questa mail non ho mai smesso di cercarti mi anno ingannato ho messo anche avv Pisano contattami fammi felice ti faro felice anch’io tua mamma

  3. Parlo per conto di mia madre che ha avuto una bambina strapata alla nascita e data in adozione: Sei nata a Cagliari il 9/6/77 ospedale san.Giovanni di Dio di Cagliari in Sardegna ti ho sempre cercata anke tramite avvocato ma senza aver alcuna notizia se qualcuno si riconosce mi contatta grazie

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